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Trump sta conducendo Israele verso un silenzioso suicidio?

Trump – Un articolo, pubblicato sul quotidiano “Haaretz”, riflette l’intensità delle tensioni interne ed esterne che Israele sta affrontando sullo sfondo della guerra in corso a Gaza. Il testo rivela una crescente crisi di fiducia nella società israeliana e una leadership politica che spinge per espandere la guerra per motivi ideologici e di insediamento, ignorando quasi completamente la questione dei prigionieri nella Striscia di Gaza e le conseguenze della guerra.

L’articolo sottolinea chiaramente la crescente distanza tra Israele e il suo tradizionale alleato, gli Stati Uniti, mentre l’amministrazione Trump tratta le priorità del governo israeliano con evidente indifferenza e sembra impegnata a ridefinire le sue alleanze in Medio Oriente. Allo stesso modo, l’incapacità degli Stati Uniti di adottare misure decisive per fermare la guerra o di sostenerla sul campo evidenzia un cambiamento strategico che potrebbe lasciare Israele politicamente ed economicamente esposto nel prossimo futuro. Va notato che Haaretz è un quotidiano di sinistra all’interno del contesto sionista e i suoi articoli si concentrano spesso sulla critica al governo Netanyahu e sull’espressione di preoccupazione per le implicazioni delle sue politiche sulla sicurezza e sulla reputazione internazionale di Israele.

La deriva di Israele

L’opinione pubblica israeliana segue in silenzio e con stanchezza il primo ministro Netanyahu e il movimento religioso-sionista. Questo pubblico, o almeno la maggioranza di esso, non esprime alcuna reale opposizione a quanto sta accadendo. Lì c’è un gruppo attivo – i kahanisti e i sostenitori degli insediamenti dell’estrema destra – che celebrano la guerra e cercano di sfruttarla per espandere i confini dello Stato, rioccupando la Striscia di Gaza, instaurandovi un governo militare e forse persino ristabilendo gli insediamenti. Per loro, la continuazione della guerra non è un peso, ma un’opportunità per realizzare obiettivi ideologici nascosti. Tuttavia, la maggior parte dell’opinione pubblica israeliana non condivide questo entusiasmo.

Si tratta di un pubblico esausto e confuso, che non ha l’energia necessaria per opporsi a quello che considera un declino politico e morale. Persino coloro che capiscono che il governo sta imponendo loro una truffa politica mascherata da slogan come “impedire il 7 ottobre del prossimo anno” e “diritto alla vendetta” non riescono a resistere all’ondata dell’estrema destra. In pratica, l’attuale governo guidato da Netanyahu non esprime alcuna reale intenzione di restituire i rapiti, ma piuttosto si sforza di continuare e persino di espandere la guerra.

Persino coloro che non negano il diritto di Israele a difendersi e non ignorano le atrocità del 7 ottobre si sentono profondamente alienati dalle politiche perseguite. Non sono in grado di sostenere l’uccisione di massa di donne e bambini, una politica di assedio e fame, o l’istituzione di un nuovo governo militare a Gaza. Allo stesso tempo, sanno che la guerra non ha portato finora al rilascio di alcun ostaggio e non c’è alcuna aspettativa che ciò accada nel prossimo futuro.

La posizione di Trump

Non è più un segreto che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, tratti Israele con evidente indifferenza. I portavoce del governo Netanyahu stanno sventolando dichiarazioni di Trump o dei suoi collaboratori che parlano di un impegno per una guerra totale contro Hamas. Ma Trump stesso agisce in un modo completamente diverso dall’immagine che gli alleati di Israele cercano di dipingere di lui.

Il suo ultimo passo, il rilascio dell’ostaggio americano Idan Alexander, è stato portato a termine su iniziativa privata e senza alcun reale coordinamento con il governo israeliano. Non ha chiesto direttamente la fine della guerra, non ha imposto un embargo sulle armi e non ha rimosso il veto americano alle risoluzioni delle Nazioni Unite contro di essa. Di fatto, si comporta come se abbandonasse silenziosamente Israele, lasciandolo libero di proseguire il suo cammino verso il collasso. È chiaro che ora Trump vede l’Arabia Saudita come il partner più importante in Medio Oriente, non Israele.

Ci sono molti segnali di questo cambiamento

  • Un rapido ritiro dalle trattative con gli Houthi e lasciare che Israele si occupi da solo delle minacce aeree.
  • Tendenza verso un nuovo accordo con l’Iran, che tenga conto degli interessi di Israele ma senza garantirli.
  • Totale disprezzo per la questione dei rapiti, nonostante la stessa lo preoccupasse all’inizio del suo mandato.

Tutti questi dati indicano una verità: Trump non si sente coinvolto nel destino di Israele e non vede alcun motivo di salvarlo dagli errori della sua leadership. Sembra che stia adottando un approccio più semplice: lasciarla suicidarsi da sola, politicamente, militarmente e moralmente.

di Redazione

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