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Trionfo di Syriza, svolta storica in Grecia

di Salvo Ardizzone

“La Grecia ha girato pagina e si lascia dietro cinque anni d’oppressione; il Popolo annulla il cerchio vizioso dell’austerità e consegna la Troika al passato”. Sono le parole con cui Tsipras saluta la folla riunita per festeggiare il suo trionfo e manda un messaggio a tutta l’Europa: a quella di Bruxelles, a cui dice chiaro che non riconoscerà il memorandum che ha strangolato il Paese, ma si dice anche disponibile a lavorare per trovare una nuova soluzione finanziaria giusta; a quella dei Popoli che si dibattono nelle spire di politiche oppressive, per additare i veri valori di solidarietà e democrazia, dicendo che la sua è anche la loro vittoria.

Syriza ha sfiorato la maggioranza assoluta conquistando 149 seggi su 300, ma già il piccolo partito Greci Indipendenti, coi suoi 13 voti, gli garantisce la formazione immediata d’un governo e, con molta probabilità, altri salteranno sul carro del trionfatore. Ciò che è accaduto segna con tutta probabilità una svolta epocale, in un Continente fin’ora in balia di scelte economiche imposte dagli interessi di Berlino, ed orientato da scelte politiche decise a Washington. Oggi, lunedì, alle 13, i vertici della Ue si riuniranno prima dell’Eurogruppo per concordare una linea comune ma, malgrado le dichiarazioni ufficiali parlino di rispetto degli impegni sottoscritti, è chiaro che dovrà esserci un compromesso. La stessa Merkel, compresa l’aria che tira, ne ha parlato a Firenze, lasciando a Weidmann – il Governatore della Bundesbank – il ruolo del “poliziotto cattivo”.

Il discorso del prossimo Premier greco è stato un manifesto dell’altra Europa, quella della gente stritolata da una crisi alimentata da politiche ciniche che non guardano i bambini che rovistano fra i rifiuti o i malati privi d’assistenza; quella messa in ginocchio da anni spaventosi, che le hanno strappato anche la dignità.

A novembre si voterà anche in Spagna e, con tutta probabilità, l’onda di Atene, con Podemos, potrebbe giungere a Madrid e, a quel punto, tutti i riferimenti tradizionali del Continente salterebbero. Ad Atene, i vecchi partiti che hanno gestito il potere negli ultimi trent’anni sono stati travolti, il Pasok (i socialisti) s’è letteralmente squagliato, e lo stesso potrebbe accadere negli altri Paesi se non avviene un cambiamento vero; il pericolo d’essere spazzati, a quel punto assai reale, è l’unico che potrebbe indurre ad una svolta chi controlla le politiche di Bruxelles.

Il lavoro di Tsipras sarà durissimo, ma fino a luglio, quando scadono i bond da rinnovare, avrà tempo per il duro negoziato che l’attende; prima, però, in qualche modo dovrà trovare il denaro per alleviare la stretta soffocante che ha messo in ginocchio la parte più debole del Paese. Il governo di Samaras, infatti, ha messo tasse, tagliato stipendi e licenziato in massa, colpendo soprattutto i dipendenti, ma ha fatto assai poco contro la corruzione, gli evasori e chi i soldi li aveva veramente. Ora, come ha detto Tsipras, è l’occasione per un nuovo inizio; a lui e al Popolo greco i nostri auguri.   

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