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Tra tensione e disperazione, viaggio nelle infernali carceri greche

di Cristina Amoroso

Se la Grecia del ventunesimo secolo continua con la strategia del terrorizzare, torturare e umiliare migliaia di persone nei lager per migranti, dove condanna migliaia di loro – inclusi minori, malati e vittime di tortura -, i carcerati degli istituti di pena non godono certo di maggiore umanità, o di condizioni meno deplorevoli, o di migliore igiene o di  un’alimentazione adeguata.

Diceva bene Fëdor Dostoevskij, quando scriveva in Delitto e castigo:“Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”. Che ci si può aspettare da un Paese che  nel ventesimo secolo, alla fine degli anni sessanta, aveva assistito durante il regime dei colonnelli a grandi abusi nelle prigioni, dove torture e umiliazioni rappresentavano pane quotidiano per  carcerati come Alexandros Panagulis, il poeta che insieme a tanti altri era oggetto di torture e violenze fisiche e mentali, Se per vivere, o Libertà /chiedi come cibo la nostra carne /e per bere /vuoi il nostro sangue e le nostre lacrime, /te li daremo /Devi vivere”.

Che ci si può aspettare da un Paese, una volta culla della cultura antica, dalla Grecia di questi ultimi anni, in cui  il default e le misure drastiche del governo hanno fatto aumentare del 20 per cento i suicidi, così come gli omicidi, in un deterioramento costante della salute pubblica, se il budget a disposizione del ministero della Sanità è crollato del 23,7% e il tasso di infezione da Aids è aumentato del 57 per cento dal 2010 al 2011. Sono aumentati i casi di depressione, problemi mentali, abuso di alcol e droghe? E le carceri?

Ovviamente  le condizioni nelle carceri greche sono andate via via  peggiorando in questi ultimi anni. Una popolazione carceraria in aumento e tagli di bilancio hanno portato il sistema carcerario, come gran parte dello Stato greco, vicino al collasso con i servizi di sicurezza sempre più in allerta per continui incidenti.

“La mancanza di sicurezza e di violazione dei diritti umani nelle carceri” è stata denunciata dalla Commissione nazionale greca per i diritti umani dopo il misterioso episodio che ha coinvolto alcune guardie carcerarie di Nigrita, nel nord del Paese, che adesso sono sospettate di aver ucciso un prigioniero. La morte di una guardia carceraria e del prigioniero che lo ha ucciso hanno fatto salire la tensione nel sistema carcerario.

Llia Kareli, un detenuto di 42 anni di origine albanese, ha ucciso una guardia carceraria, Yiorgos Tsiranis nel carcere di Malandrino. A Kareli, che stava scontando una lunga pena, era stata negata la licenza per visitare la madre morente, spingendolo al folle gesto di accoltellare Tsiranis che è morto all’istante. Kareli è stato poi trasferito in una cella sotto osservazione, dove è stato trovato morto. Un’inchiesta è in corso sulle cause della morte, ma il rapporto del medico legale  mostra che Kareli è stato picchiato, le ferite sono compatibili con la tortura prima della sua morte. Ilie Kareli era stato trasferito il 27 marzo per motivi di sicurezza nel penitenziario di Nigrita dove ha trovato la morte.

“L’assassinio di Kareli è l’ultimo di una serie di eventi che hanno già dimostrato il malessere esistente nelle carceri greche”, denuncia Kostis Papaioannou, presidente della Commissione nazionale per i diritti umani. “Queste guardie pensano di vivere in uno stato di impunità che non contempla sicurezza né diritti per i detenuti”.

L’attuale stato delle carceri è stato evidenziato in febbraio, quando foto e video sono stati rilasciati alla stampa che mostra le condizioni terribili nel carcere di Korydallos, alle porte di Atene. Il Comitato del Parlamento ha visitato l’ospedale e la clinica psichiatrica del carcere di Korydallos. Il Comitato, composto da rappresentanti di tutti i partiti, ha rilevato le condizioni medievali che caratterizzano entrambe le istituzioni.

Nell’ospedale della prigione – che ancora non fa parte del sistema sanitario nazionale – ci sono 209 detenuti nonostante ci sia posto solo per 60 pazienti. In questo “ospedale”, più della metà delle persone – 128 – sono sieropositive, vivendo una sopra l’altra. Le sale dell’ospedale sono state trasformate in vere e proprie celle di prigione, visto che i letti sono stati cambiati con cuccette collocate una accanto all’altra. I 128 detenuti sieropositivi affrontano gravi problemi di salute, mentre il Comitato aveva riferito anche di ritardi nelle medicazioni. Inoltre, a causa del sovra-popolamento, i detenuti sieropositivi contraggono molto facilmente diverse infezioni contagiate da altri pazienti dell’ospedale.

Vale la pena menzionare il fatto che due persone sieropositive, oltre alla loro infermità, hanno la tubercolosi. Ci sono solo due medici che lavorano là in forma permanente, un medico generale e un chirurgo, non ci sono psicologi e solo pochi medici di guardia sono presenti per un paio d’ore a settimana.

Le condizioni sono ugualmente drammatiche nella clinica psichiatrica della prigione, visto che ci sono vari pazienti con gravi disturbi psichiatrici ospedalizzati lì, al pari di detenuti tossicodipendenti, che vivono in condizioni inaccettabili. Deve essere l’unica clinica psichiatrica del mondo in cui non c’è uno psichiatra permanente, ma solo psichiatri visitatori. Il personale è il minimo indispensabile, con solo tre infermiere e alcuni impiegati del carcere che lavorano come infermieri. I 259 pazienti hanno solo due ore al giorno per stare nel cortile e il resto della giornata sono obbligati a vivere in uno spazio che è stato disegnato per 160 persone.

Per non parlare delle “celle azzurre”, le impressionanti celle di isolamento, dove i detenuti possono essere rinchiusi per cinque giorni. Quando la Commissione Speciale per la Tutela dei Diritti delle Persone con Disturbi Mentali ha visitato quello spazio a marzo 2012 ha riferito: “Nel sotterraneo ci sono tre ‘celle azzurre’. Sono camere di isolamento, con le porte e le pareti coperte con un materiale morbido, il pavimento di cemento, senza letti né materassi all’interno. In due di queste celle gli occupanti si nascondevano i genitali con le mani (ovviamente per vergogna). Fuori da queste celle c’era urina”.

“Ci sarebbe tanto da dire circa le condizioni di detenzione dei prigionieri”, ha dichiarato la deputata di Syriza, Vasiliki Katrivanou, del Comitato del Parlamento “ma parlerò soltanto sulla base di questa esperienza specifica che supera ogni immaginazione. Le condizioni sono shockanti e io ho pensato che nel contesto attuale di crisi, di panico morale e di terrore rispetto alle carceri e a quello che significa sicurezza, in realtà dovremmo parlare di quello che realmente significa la sicurezza per le persone nell’ospedale e nella clinica psichiatrica, per il personale della prigione, i medici e gli infermieri. Quando ci sono detenuti sieropositivi impilati là e quando le persone che soffrono di tubercolosi rimangono senza attenzioni e trattamenti, come possiamo parlare di sicurezza? Quando il denaro viene speso in carceri di massima sicurezza, mentre le autorità rifiutano il suggerimento dei medici di fare esami del sangue a tutti i detenuti al prezzo di solo 2 euro e 50, come possiamo parlare di sicurezza dei detenuti, del personale penitenziario e di salute pubblica? Noi, nelle condizioni attuali, rispondiamo che sicurezza significa opporsi al terrore e avere la volontà politica di voltare pagine”.

Ora che il Governo greco “è tornato sul mercato” vendendo i suoi Btp a 5 anni, e Goldman Sachs è tornato in Grecia tra i compratori insieme ai complici a partecipare a questo gioco perverso, i poveri greci già alla fame saranno  messi ancor più a catena a fare arricchire chi è già straricco. Siate  certi che la grande riforma delle carceri consisterà nel vietare le autorizzazioni di uscita per i condannati alle pene più lunghe e nel limitare le visite dei familiari, con condizioni sempre più severe.

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