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Tra business e speculazione aumenta il disagio mentale infantile

di Cristina Amoroso

L’impatto della cattiva salute mentale è sempre più riconosciuto come uno dei più grandi problemi che le società occidentali devono affrontare.

Se per le case farmaceutiche la malattia o il disagio mentale rappresenta un grosso business che si allarga sempre di più abbracciando vaste aree della popolazione fino ai bambini, i Paesi occidentali affrontano il problema in vario modo.

Una recente ricerca epidemiologica americana, finanziata dal National Institute of Mental Health, non da Big Pharma, rivela un dato incredibile: il 22% dei bambini del primo ordine di scuole (scuola elementare) hanno disturbi psichiatrici. I risultati mostrano che fattori in gioco sono la povertà, il livello culturale dei genitori, difficoltà comunicative familiari, eventi vitali traumatici, esposizione ad abusi e violenza. I disturbi si associano significativamente a una scarsa capacità sociale e a difficoltà familiari.

In Italia mancano quasi completamente ricerche epidemiologiche sulla salute mentale dei bambini e sulle condizioni psicosociali associate ai disturbi. L’unica ricerca conosciuta, il cosiddetto Progetto Prisma, pubblicato alcuni anni fa, pur rilevando dati di minore gravità, sottolinea analogamente che “il principale elemento di rischio per la patologia psichica siano i fattori socio-economici: bassi livelli socio-economici sono significativamente correlati ai maggiori rischi di ammalarsi”. Anche se poi conclude, per qualche motivo, minimizzando questi aspetti rispetto a quelli supposti genetici…

Nel Regno Unito la cura della salute mentale nel sistema sanitario nazionale (Nhs) è in ritardo, come ha evidenziato una settimana molto interessante che si è svolta nel Regno Unito, dal 16 al 21 maggio, la Settimana della Consapevolezza della Salute Mentale, durante la quale nei 420 eventi organizzati c’è stato molto dibattito su ciò che deve essere fatto per migliorare la fornitura di assistenza, una volta raggiunta la parità di assistenza tra la salute fisica e quella mentale.

La cattiva salute mentale è devastante in termini umani per chi soffre e per le loro famiglie, i costi sono altissimi per il Paese in perdita di produttività, ed è responsabile per il 23 per cento del carico di malattia nel sistema sanitario britannico. E’ allarmante la situazione soprattutto dei bambini, come il Commissario dei Bambini, Anne Longfield, mette in guardia.

Nel 2015, nella revisione effettuata dalla Longfield, sono stati 280mila i bambini indicati allo specialista per il trattamento della salute mentale. Di questi circa 70mila sono stati esclusi da ogni supporto, e tra questi alcuni che avevano tentato il suicidio, descritti come aventi condizioni di “pericolo di vita”, altri avevano tentato atti di grave autolesionismo o sono stati affetti da condizioni come psicosi e l’anoressia nervosa.

“Negare il trattamento a bambini malati di mente è chiaramente giocare alla roulette russa con la loro salute”, afferma Anne Longfield.

Disturbi psichiatrici infantili: una sporca faccenda, afferma lo psicoterapeuta Maurizio Brasini, riflettendo sui casi di autismo aumentati 20 volte dagli anni ’70 ad oggi, allargando il discorso anche alla dislessia e all’Adhd (sindrome da deficit d’attenzione con iperattività).

Le due chiavi di volta di una sindrome – afferma Brasini – non sono i sintomi, ma le cause e le cure. Se negli anni ’70 si dava enfasi al fattore ambientale, per cui gli esperti – in mancanza di spiegazioni solide e di cure efficaci – davano la colpa alle famiglie o alla scuola, oggi queste sindromi infantili sono diventate malattie le cui cause vanno ricercate a livello biologico, affidandosi all’ipotesi esplicativa genetica. Ma con le malattie mentali non si riesce mai a trovare un gene difettoso che ti fa ammalare.

Non è forse un errore cercare la determinante genetica come spiegazione unica e finale di un disagio psichico?

Quanto alle cure, gli studiosi più seri riconoscono al momento che non si dispone di cure efficaci. Per l’Adhd, dove il problema per genitori e insegnanti è come tenere a bada un bambino irrequieto, il rimedio scelto è farmacologico; le stesse multinazionali che producono i farmaci mettono a punto i test da distribuire nelle scuole per individuare i casi a rischio e curarli farmacologicamente. Con buona pace di genitori e insegnanti.

Le linee guida del trattamento farmacologico per il deficit d’attenzione hanno preso l’avvio con il manuale di diagnostica per gli psichiatri nel 1980, quando l’attenzione di pediatri, psichiatri si era focalizzata su stimolanti come l’Adderall e il Ritanil, che hanno guadagnato una reputazione quasi mitica per la loro capacità di aiutare i bambini a fare meglio a scuola, e di cui alcuni ragazzi e studenti universitari hanno abusato per  guadagnare un vantaggio nel mondo accademico.

A distanza di anni, oggi circa due milioni degli oltre sei milioni di bambini con Adhd sono diagnosticati in età compresa da 2 a 5 anni, e i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie fa un passo indietro ed invita i genitori di bambini in età prescolare con disturbo da deficit d’attenzione/iperattività a provare la terapia comportamentale prima di provare il farmaco, i cui effetti a lungo termine sui giovani cervelli e sul corpo non sono stati ben studiati e gli effetti collaterali possono essere numerosi, tra cui scarso appetito, insonnia, irritabilità e crescita rallentata.

Il tutto mentre in Italia il “Ritalin” diventa legale per il trattamento della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), mancando adeguate garanzie e aprendo la strada alla  medicalizzazione.

La sofferenza psichica nei bambini non è un’invenzione. E’ importante fare ricerca per comprendere la natura del disagio psichico, senza trasformarlo in un business, che abitua i bambini  fin da piccoli all’uso di una vera e propria droga quale è il Metilfenidato (Ritalin), con effetti praticamente uguali a quelli della cocaina e delle amfetamine, ma con danni alla salute mentale e fisica ancora più gravi.

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