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Ebola, tra speranze e progetti umanitari

di Cristina Amoroso

Il 18 dicembre il segretario delle Nazioni Unite, Ban ki-moon, è giunto in Africa Occidentale per visitare i Paesi più colpiti dal virus Ebola accompagnato dal direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), Margaret Chan, e dal coordinatore dell’Onu per la lotta contro l’epidemia di febbre emorragica, David Nabarro. Prima tappa del viaggio la Missione Onu per la lotta contro l’Ebola (Unmeer), il cui capo, Anthony Banbury, ha il compito di guidare la delegazione nei tre Paesi più colpiti: Liberia, Sierra Leone, Guinea oltre che nel Mali.

L’epidemia nell’Africa Occidentale, la più grave della storia, è iniziata nel dicembre 2013 a Meliandou, un piccolo villaggio nel sud-est della Guinea, dove è morto un bambino di due anni, secondo il tracciato della malattia ricostruito dai ricercatori del New England Journal of Medicine. Segnalata la prima volta solo nel marzo 2014, è rapidamente diventata l’insorgenza più mortale della malattia dalla sua scoperta nel 1976, uccidendo 6.915 persone su 18.603 casi diagnosticati, secondo l’ultimo report dell’Oms del 17 dicembre, un numero alto considerando che le cifre sono sottostimate, data la difficoltà di raccolta dei dati. Funzionari dell’Oms la scorsa settimana hanno scoperto decine di corpi in una zona remota di miniere di diamanti della Sierra Leone, sollevando il timore che la scala dell’epidemia di Ebola possa essere sottovalutata, perché il tasso di mortalità reale si aggira intorno al 70 per cento in questi Paesi.

Entro la fine di marzo, Ebola aveva attraversato il confine con la Liberia, diffondendosi velocemente in Sierra Leone, Nigeria, Senegal, Mali, mentre la Repubblica Democratica del Congo, dove era stato segnalato un focolaio di un ceppo diverso di Ebola non correlato a quello dell’Africa Occidentale, dal 21 novembre è stata dichiarata “Ebola Free”, dopo avere fatto oltre 40 vittime su una settantina di casi diagnosticati. La foresta del Congo infatti è il bacino naturale del virus, tutte le epidemie precedenti a questa si sono sviluppate nel suo seno e, fortunatamente, in aree tanto remote che il contagio spesso si è autoestinto dopo aver fatto strage in qualche remoto villaggio.

Al di fuori dell’Africa l’infezione è stata limitata agli operatori sanitari a Madrid e a Dallas. Il primo caso del virus letale diagnosticato sul suolo degli Stati Uniti è stato annunciato il 1° ottobre. Thomas Eric Duncan, 42 anni, che ha contratto il virus in Liberia prima di partire per gli Stati Uniti, è morto l’8 ottobre. L’infermiera spagnola Teresa Romero fu la prima persona a contrarre il virus fuori dell’Africa Occidentale, faceva parte di un gruppo di circa 30 personale presso l’ospedale Carlos II a Madrid che assistevano due missionari rientrati dalla Liberia e Sierra Leone, dopo avere contratto l’infezione. Germania, Norvegia, Francia, Italia, Svizzera e Regno Unito hanno tutti i pazienti sotto trattamento ospedaliero dopo avere contratto il virus in Africa Occidentale.      

Quanto al paziente italiano, il medico di Emergency contagiato da Ebola in Sierra Leone, ricoverato il 25 novembre presso l’Istituto Spallanzani di Roma, è in via di un netto miglioramento, “riuscendo a respirare, deambulare e alimentarsi in autonomia”, secondo il Bollettino medico del 18 dicembre. E’ uno degli “Ebola fighters”, nominate le persone dell’anno 2014 secondo la rivista americana Time, che ha dedicato loro le copertine: “Hanno rischiato, perseverato, si sono sacrificati ed hanno salvato” vite umane, per questo sono stati scelti dal Time.

Intanto si rafforza l’impegno della cooperazione italiana nella lotta all’epidemia di Ebola. Al termine di una procedura di gara espletata dall’Ambasciata ad Abidjan – competente per la Sierra Leone – sono stati approvati progetti umanitari per un importo complessivo di 2,5 milioni di euro, la cui realizzazione inizierà nel nuovo anno. Il bando di gara è stato vinto da quattro organizzazioni non governative, Emergency, Cuamm, Dokita e Engim, individuate per la realizzazione di iniziative sanitarie in Sierra Leone. L’intervento si colloca nel quadro della risposta all’emergenza Ebola, per la quale la Cooperazione italiana ha sinora dispiegato un impegno di 7,7 milioni di euro per realizzare interventi con le Ong italiane a favore delle popolazioni colpite e per sostenere l’azione delle Agenzie delle Nazioni Unite e della Croce Rossa Internazionale.

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