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La California autorizza la “morte dolce”

di Adelaide Conti

La California legalizza il suicidio assistito. La legge, firmata dal governatore, Serry Brown, cattolico e con un passato da seminarista gesuita, riconosce all’individuo il diritto di poter scegliere liberamente di porre fine al proprio calvario in maniera legale. Brown, opponendosi a quello che è il parere della chiesa ha spiegato così la sua scelta, arrivata dopo una lunga riflessione: “Ho cercato di pensare cosa avrei voluto se fossi un malato terminale. Se mi trovassi a morire tra dolori prolungati e strazianti, non so cosa farei. Sono certo, comunque, che mi sarebbe di conforto poter valutare l’opzione offerta da questa legge. E quindi non vorrei negare agli altri questo diritto”.

La legge, consentirà ai malati terminali adulti e in pieno possesso delle facoltà mentali di scegliere una “morte dolce” grazie ai farmaci prescritti da medici. La California, con questa scelta si aggiunge agli altri cinque stati che al momento prevedono il suicidio assistito. Come era prevedibile, l’approvazione dell End of Life Option Act ha suscitato molte polemiche. C’è chi parla di “Giorno molto triste” come, Tim Rosaler, portavoce dell’associazione Californians Against Assisted Suicide, movimento nato per contrastare l’approvazione della legge. Il timore dell’ associazione, sostenuta da medici, gruppi per la difesa dei disabili e gruppi cattolici, è che per i milioni di californiani che vivono in povertà, e dunque impossibilitati ad accedere alle stesse cure degli altri, potrebbe diventare quasi una scelta obbligata.

Sarebbe ritenuto altresì rischioso dare ai medici il potere di prescrivere dosi fatali di medicinali. Tuttavia, aldilà delle legittime paure e degli innumerevoli interrogativi etici che la questione pone, la “morte dolce” trova sempre più sostenitori. Considerata come una via d’uscita che abbrevia o interrompe le sofferenze della morte, va intesa come una soluzione praticabile solo quando non ci sono alternative e regolata da specifiche leggi. Un gesto, ispirato esclusivamente da sentimenti di pietà e compassione. E se sfuggire dal “taedium vitae” può sembrare un atto sconsiderato per i cristiani, siamo ragionevolmente convinti che non si può più pensare di non riconoscere ad un malato terminale la facoltà di poter scegliere di morire con dignità e senza eccessivi dolori. Se esiste un diritto alla vita, in circostanze drammatiche e di estrema sofferenza, deve farsi da parte e lasciare il posto ad un diritto alla morte.

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