Thomas Sankara, a processo presunti assassini
In Burkina Faso un tribunale ha aperto un processo contro i presunti assassini di Thomas Sankara. Le testimonianze rivelano che la Francia è stata coinvolta nel golpe del 1987, ma non è chiaro se anche la Francia sia stata complice dell’omicidio.
Confermata incriminazione dell’ex presidente Compaoré
Il tribunale militare di Ouagadougou ha deciso di incriminare l’ex presidente Blaise Compaoré, con l’accusa di attentato alla sicurezza dello Stato, concorso in omicidio e occultamento di cadavere nel caso dell’assassinio di Thomas Sankara. Lo riferisce Rfi, secondo cui anche Gilbert Diendéré, ex braccio destro di Blaise Compaoré, è sotto processo insieme ad altre 14 persone che dovranno comparire davanti al tribunale.
Allo stesso tempo, il tribunale militare ha ordinato l’arresto di tutti coloro le cui accuse sono state confermate, anche se non è stata ancora fissata la data per il processo. I mandati d’arresto rimangono quindi in vigore anche contro coloro che sono attualmente all’estero, precisa Rfi.
Decenni dopo l’omicidio di Thomas Sankara, i giudici burkinabé hanno interrogato ex membri del commando assassino, come Gilbert Diendéré. I giornalisti hanno avuto accesso ai verbali della relazione, che rivela la presenza di personale francese subito dopo l’assassinio. Il rovesciamento di Sankara nel 1987 non fu possibile senza il via libera della Costa d’Avorio e il sostegno esplicito di Parigi, in particolare di Jacques Chirac, allora primo ministro.
Anche la Francia è stata complice dell’uccisione di Thomas Sankara?
Per rispondere a questa domanda, tutti gli archivi classificati devono essere aperti. Nel 2017, il presidente francese Emmanuel Macron aveva promesso in Burkina Faso di declassificare tutti gli archivi relativi all’assassinio di Thomas Sankara, ma sono stati inviati solo documenti diplomatici e altri documenti pubblici. Gli esperti sospettano che l’esercito francese potrebbe impedire l’apertura di tutti gli archivi perché ciò potrebbe rivelare la verità sull’operazione Barkhane. La Francia è sempre più criticata in Mali, e cresce anche il sentimento antifrancese in Burkina Faso.
Thomas Sankara, il Che Guevara africano, un mito che parla ancora all’Europa
Il 15 ottobre 1987, un processo rivoluzionario fu interrotto bruscamente e sanguinosamente. Negli anni successivi all’assassinio pianificato dal suo ex amico Blaise Compaoré, da allora fino al 2014 leader del Burkina Faso, la rivoluzione di Sankara si capovolse e il suo Paese divenne un altro feudo africano del Fondo monetario internazionale. Ma non bisogna dimenticare che, per un breve periodo di quattro anni, il Burkina Faso ha brillato come tenace esempio di ciò che può essere realizzato anche in uno dei paesi più poveri del mondo.
Sankara era un giovane ufficiale dell’esercito dell’Alto Volta, un’ex colonia francese gestita come fonte di manodopera a basso costo a beneficio di una piccola classe dirigente nella vicina Costa d’Avorio e dei loro mecenati a Parigi. Sankara vedeva il suo governo come parte di un ampio processo di liberazione del suo popolo. Nel 1984 Sankara cambiò il nome del Paese in Burkina Faso, che significa “terra di tutto il popolo”. È famosa la sua frase “Dov’è l’imperialismo? Nei nostri piatti di riso, mais e miglio importati… questo è l’imperialismo”. La sua soluzione affonda le radici nell’agricoltura con il motto “Consumiamo solo ciò che è sotto il nostro controllo”. Il risultato è stato incredibile: il Paese raggiunse l’autosufficienza alimentare in quattro anni.
Emancipazione delle donne
Pochi rivoluzionari hanno sottolineato l’importanza della liberazione delle donne quanto Sankara. Per lui l’emancipazione delle donne è stata fondamentale per rompere con il sistema feudale imposto al Paese.
Durante la Conferenza dell’Organizzazione per l’Unità Africana tenutasi nel 1987, Sankara prese la parola per convincere i suoi omologhi, i leader africani, a rifiutare il pagamento dei loro debiti con le seguenti parole: “Il debito è una manovra intelligente per riconquistare l’Africa. Si tratta di una riconquista che trasforma ciascuno di noi in uno schiavo finanziario. Se il Burkina Faso è l’unico Paese che rifiuta di pagare il debito, non vivrò per partecipare alla prossima conferenza”. Sfortunatamente, le sue parole sono state profetiche.
di Cristina Amoroso