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Nuovamente in moto la propaganda Usa: ecco il film anticoreano

di Mauro Indelicato

“Attacco al potere – Olympus Has Fallen”; questo è il nome dell’ultimo film che è in fase di promozione nelle varie sale americane ed europee, uscito in Italia il 18 aprile scorso.

Il manifesto del film parla chiaro e fa capire di cosa si tratta: una Casa Bianca in fiamme, una bandiera a stelle e strisce malconcia ma ancora sventolante ed il volto di tre signori in cima e si tratta di Gerald Butler, Aaron Eckhart e Morgan Freeman, rispettivamente nei panni di un angente segreto Usa, del presidente Usa e di un funzionario del governo.

Scenari di guerra, distruzione, fiamme ed incubi sono quindi lo sfondo che emerge da questa nuovo film made in Usa, prodotto nello scorso mese di gennaio; ma chi ha generato tutto questo trambusto in cui niente poco di meno che anche la Casa Bianca viene mostrata sotto attacco? Manco a dirlo, nel film è tutta opera di terroristi coreani, che prendono possesso di Washington, rapiscono il presidente e chiedono condizioni durissime per il suo rilascio, minando quindi la stabilità della nazione americana.

Come si può ben intuire, anche in questo caso il cinema di Hollywood viene usato e maldestramente addestrato per alimentare una propaganda nell’opinione pubblica, tale da cercare di generare in essa un sentimento di commozione che possa portare all’unità contro i “nemici dell’America” di turno.

E’ successo qualche mese fa già con Argo quest’anno, film con tanto di premi Oscar, in cui si parlava, anche in questo caso neanche a dirlo, dell’Iran in chiave negativa, visto che la trama aveva come sfondo la crisi degli ostaggi del 1979, l’episodio in cui, dopo il rovesciamento di Rheza Palevi, gli studenti dell’Università di Teheran prendevano per l’appunto in ostaggio alcuni funzionari dell’ambasciata Usa nella capitale iraniana.

Adesso, in piena crisi coreana, salta fuori un film in cui, come detto prima, terroristi coreani creano ed infondono il panico in tutta la nazione, che si arma e si unisce per salvare la propria libertà.

Pochi giorni dopo l’uscita del film nelle sale americane, non a caso, sui social network sono state lanciate diverse invettive contro il leader nordcoreano, Kim Jong Un, che in alcuni casi consistevano anche in vere e proprie derisioni verso il sistema militare di Pyongyang, visto che molti link mostravano un Obama sorridente e per nulla preoccupato al pensiero delle minacce della Corea del Nord.

Ma questa volta però, il tentativo, come detto prima, da parte del cinema Usa di ingenerare nelle masse un vero e proprio “controllo della verità” è risultato anche negli States piuttosto grossolano; troppe infatti le coincidenze sui tempi di uscita (in America giorno 22 marzo, quindi nel mezzo della tempesta coreana) e pur nulla velati i riferimenti e dunque anche il pubblico d’oltreoceano non avrebbe particolarmente apprezzato.

Quello che di più inquieta, ancora una volta, è il potere che la cultura controllata dagli USA, sia che si tratti di cinema o semplicemente di notizie date dai mass media, riesca spesso ad intervenire quasi ad orologeria, influenzando parecchio le opinioni della società civile e fuorviando quelli che sono i contenuti reali della realtà.

Una macchina propagandistica che, dal cinema alle arti, così come dai media alle semplici notizie di stampa, riesce spesso a “creare” la figura del nemico ideale, sottomettendo così, culturalmente, prima ancora che politicamente o militarmente, i Paesi che orbitano attorno all’impero made in Usa.

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