Terrorismo ebraico-sionista, questo sconosciuto
“Vogliono vivere semplicemente, in comunione con Dio”, dice Gedalia Mayer. Gedalia è padre di Mordechai, un diplomato di 18 anni che ha passato gli ultimi anni in compagnia dei suoi amici, visitando la Cisgiordania. Un ragazzo come tanti altri insomma, eppure non è quello che pensa lo Shin Bet, che ha identificato Mordechai come un membro della rete terroristica sionista responsabile, tra i diversi crimini imputati, dell’incendio doloso in cui è rimasta uccisa una famiglia palestinese a Duma, villaggio della Cisgiordania.
L’attentato di Duma
La notte del 30 luglio 2015 Amiram Ben-Oliel, 21enne figlio di rabbino, incontra un suo amico (non ancora meglio identificato, sebbene lo Shin Bet pensa proprio a Mordechai Mayer) in una grotta tra Ramallah e Nablus, nel cuore della Cisgiordania. Il loro obiettivo sono i villaggi di Duma e Majdal Beni Fadal. Una volta arrivati, secondo testimonianze, si sarebbero coperti il viso e le mani alla ricerca di una casa vuota. Si imbattono però in Sa’ad e Riham Dawabshih, una giovane coppia con Alì, un bambino di 18 mesi. Scrivono sull’abitazione parole come “Vendetta” e “Lunga vita al Messia”. Dopo di che, lanciano una molotov e appiccano il fuoco, nessun membro della famiglia palestinese si salverà.
Il fenomeno
Già dai primi mesi del 2015 si è venuti a conoscenza di questa rete terroristica nata probabilmente intorno al 2013 in risposta al potere israeliano giudicato troppo permissivo e democratico. I responsabili vengono giudicati con norme speciali finora usate solo per i palestinesi: vengono arrestati senza possibilità di pagare cauzione e restano in cella per almeno tre settimane senza poter vedere i loro avvocati. Gli estremisti israeliani agiscono in maniera incontrollata appiccando incendi o lanciando gas lacrimogeni all’interno delle case dei palestinesi, nella maggior parte dei casi agiscono nella notte. I leader religiosi sionisti hanno ovviamente preso le distanze dai fatti: “E’ un crimine orribile” – ha dichiarato Yisrael Harel veterano sionista – “ma penso che sia un fenomeno destinato a scomparire. E’ più una piaga sociale che non terroristica”. Una risposta questa, che forse non tiene conto della gravità degli atti perpetrati finora.
Cosa vogliono gli estremisti ebrei?
Gli estremisti ebrei vogliono letteralmente far collassare lo Stato di Israele, non riconoscendosi nelle forme democratiche statali e vogliono creare un vero e proprio Regno giudaico basato interamente su leggi religiose espellendo tutti coloro che non professano la fede ebraica. Moshe Orbach ha addirittura pubblicato un manuale in cui spiega come appiccare il fuoco dentro moschee e case palestinesi. Modalità che farebbero pensare ad altri estremismi e che invece nascono in seno alla classe medio alta ebraica, da ragazzi molto spesso figli di rabbini o di docenti israeliani. Un fenomeno spesso sottovalutato, ancora poco conosciuto. Benzina sul fuoco di un conflitto il cui inizio si perde nella memoria.
di Federica Albano