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Tanzania. L’oro sporco prodotto dai baby-minatori

di Cristina Amoroso

Hanno tra gli otto e i tredici anni. A vederli sparire sotto terra vengono i brividi: le gallerie dentro cui si infilano sono cunicoli stretti e fragili che potrebbero crollare da un momento all’altro. Basta un improvviso cedimento del terreno, un attimo di disattenzione o un movimento sbagliato per restare intrappolati a centinaia di metri di profondità. E finire inghiottiti dal buio, per sempre. Eppure i baby-minatori non sembrano preoccupati per la loro sorte: sanno di aver poco da perdere e in ogni caso non hanno alternative che scendere negli abissi, per sopravvivere. Con queste parole Marco Trovato descriveva i baby minatori in un reportage sulla Tanzania.

È un lavoro sporco e pericoloso quello dei piccoli minatori,  come sporco è l’oro che producono. Scavano pozzi instabili, lavorano sotto terra fino a 24 ore e poi trasportano pesanti sacchi. Restano imbrigliati in un labirinto senza uscita, si allontanano dalla scuola e affrontano gravi pericoli e fatiche inimmaginabili  oltre che subire le conseguenze sulla salute, esposti come sono al mercurio e all’ inalazione della polvere. Sono migliaia di bambini che lavorano nel paese africano, il quarto più grande produttore d’oro dell’Africa.

Il rapporto di Human Rights Watch appena pubblicato espone il fenomeno tristemente noto e sollecita il governo tanzaniano a contenere il lavoro minorile, soprattutto nelle miniere “informali”, senza licenza. Eppure la Tanzania ha precise leggi che vietano il lavoro minorile nelle miniere, ma il governo ha evidentemente fatto troppo poco per farle rispettare. Gli ispettori del lavoro hanno bisogno di visitare i luoghi di estrazione per comminare ai datori di lavoro – eventualmente –  pesanti sanzioni per lo sfruttamento del lavoro minorile.

Per non parlare dei pericoli che corrono i bambini esposti al mercurio che serve  alla lavorazione dell’ oro ma attacca  il cervello e può causare tremori, difetti della parola, ritardo, danni renali e cecità. Eppure la Tanzania ha contribuito a realizzare  un nuovo trattato globale per ridurre l’esposizione al mercurio in tutto il mondo, accordo sottoscritto da più di 140 governi nel gennaio 2013 (la Convenzione di Minamata sul Mercurio), ora  ha bisogno di prendere l’iniziativa per proteggere anche i suoi bambini, attraverso il monitoraggio e il controllo e poi farli uscire delle miniere.

Il picco dei prezzi dell’oro nel corso degli ultimi anni ha attirato un numero crescente di persone povere, tra cui minori, a lavorare nelle miniere nella boscaglia. L’Agenzia delle Nazioni Unite stima che ci sono ora da 100.000 a 250.000 bambini minatori d’ oro nelle miniere d’oro africane. Non a caso il settore minerario è sostenuto dalla Banca Mondiale, che investe più di 30 miliardi di dollari l’anno con il mandato specifico di alleviare la povertà e avrebbe tutto il potenziale di creare con questi soldi servizi sanitari, educativi, programmi agricoli ed infrastrutture adeguate per i più poveri del mondo.

Come dice Human Rights Watch nel suo rapporto, la Banca Mondiale e altri donatori che sostengono il settore minerario dovrebbero ora incoraggiare misure per porre fine al lavoro minorile nel settore minerario, per ridurre l’esposizione al mercurio di bambini e adulti. “Ad esempio – si legge nella relazione – dovrebbero aiutare i bambini nel passaggio dal lavoro alla scuola e assicurare che le miniere con nuova licenza non utilizzino i ragazzini. Al contrario, nei 55 milioni di dollari della World Bank, per sostenere il settore minerario in Tanzania, non c’è neanche un dollaro per affrontare direttamente il fenomeno del lavoro minorile”.

La Banca Mondiale invece sta ostinatamente recitando ancora il mantra della “crescita economica” ai critici delle sue politiche, sostenendo che i progetti petroliferi o minerari aiuteranno inevitabilmente i poveri. Ma non è stato ormai dimostrato che 1.5 miliardi di persone, nei 50 paesi al mondo, dipendenti maggiormente da petrolio, gas e miniere, vivono con meno di 2 $ al giorno? Perché la Banca Mondiale non vuole trarre le dovute conseguenze dai dati degli ultimi 40 anni che rivelano che paesi del Sud del mondo con poche risorse naturali hanno visto una crescita due o tre volte maggiore di quelli ricchi di risorse?

In tutti i paesi ricchi di risorse, in Africa in America del Sud o in Asia, non sono i bambini o i cittadini a beneficiare dell’oro da loro prodotto a scapito della loro crescita, della loro istruzione e della loro salute.  Secondo il governo della Tanzania, i piccoli minatori hanno estratto circa 1,6 tonnellate d’oro nel 2012, per un valore di circa 85 milioni di dollari. Ma dalle interviste fatte da Human Rights Watch si apprende che l’oro estratto dai bambini finisce tutto nelle mani di piccoli commercianti che acquistano oro direttamente nelle piccole miniere, per poi venderlo a grandi operatori internazionali. L’oro passa attraverso diversi intermediari prima di raggiungere gli esportatori. Le destinazioni finali dell’oro delle “miniere dei bambini” sono prevalentemente gli Emirati Arabi, la Svizzera, il Sud Africa, la Cina, il Regno Unito. Quanto costa veramente l’oro che indossiamo!

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