Cronaca

Tel Aviv chiama, Cagliari risponde

Lasciate ogni speranza voi che entrate a Cagliari. È notizia di questi giorni che l’Assessore alle Attività produttive, Turismo e Sviluppo del territorio del Comune di Cagliari ha partecipato, ignorando le proteste dei concittadini, a una videoconferenza promossa dall’Ambasciata israeliana in Italia e la città di Ashdod, città palestinese occupata dai sionisti a partire dal 1948 i cui cittadini si sono dovuti rifugiare nella Striscia di Gaza, dove vivono costantemente sotto assedio.

Pochi giorni fa, abbiamo ricordato l’inizio della Nakba e in una città chiusa per l’emergenza sanitaria, l’Associazione Sardegna Palestina è stata molto attiva mettendo a disposizione sui social diversi documenti filmici che testimoniano il dramma e la sofferenza del popolo palestinese, dramma che dura settantadue anni. Evidentemente, qualcuno era troppo impegnato o poco interessato, chissà.

La videoconferenza in questione è frutto della nota strategia israeliana tesa a nascondere i suoi crimini e propensa a presentarsi, imbellettata, come metà turistica ambita e sviluppata, e ha come obiettivo la costruzione di un Network di Città costiere del Mediterraneo.

È di qualche giorno fa la notizia che i ministri degli Esteri dell’Unione Europea stanno discutendo sull’opportunità di sanzionare Israele in seguito alla sua decisione di annettere parte dei territori palestinesi occupati. Sappiamo anche che la Corte dell’Aja ha aperto un’inchiesta sui crimini israeliani a danno dei palestinesi. Sappiamo anche che in piena emergenza sanitaria i bambini palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane sono stati tenuti dentro nonostante il pericolo di contrarre il virus, mentre i detenuti israeliani sono stati prontamente rilasciati.

Cagliari e le sirene che arrivano da Tel Aviv

Ma niente, probabilmente per i troppi impegni o per il poco interesse, al Comune di Cagliari non sono giunte queste notizie. Non si sono fatte attendere le proteste inoltrate al Sindaco di chi ancora crede nell’importanza dei diritti umani e le risposte sono sconcertanti.

Il Sindaco sostiene l’iniziativa facendo appello alla separazione tra politica e amministrazione, evidentemente è ghiotto il presunto ritorno economico. Ma il discorso non regge ed è inutile fargli notare che su questa base potremmo mettere in atto anche gemellaggi con città attualmente in mano a terroristi, come alcune della Siria, perché i cittadini sono cittadini e poco importa se quei cittadini terrorizzano i territori occupati decapitando a piè sospinto.

Visto che la questione pare prevalentemente economica, siamo sicuri che questo legame con le città israeliane sia vantaggioso per la città di Cagliari? Oppure, considerando la progressiva presa di coscienza della popolazione europea in merito alla questione palestinese e ai crimini israeliani, non sia un boomerang sui denti? Veramente, come recita lo slogan del primo cittadino, a Cagliari c’è un cuore che batte? A quanto pare in amministrazione comunale c’è un cuore che batte per Israele.

di Hassan Abbas

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