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Morales presenta in Italia la sua “Revolucion democratica y cultural”

di Salvo Ardizzone

Venerdì e sabato s’è tenuta a Milano la 7^ Conferenza Italia–America Latina, con quattro presidenti e quindici ministri degli Esteri presenti per confrontarsi su cooperazione e libero scambio. Ha partecipato anche Evo Morales, il Presidente della Bolivia, che ha illustrato alla stampa i capisaldi della sua “Revolucion democratica y cultural”.

Quando fu eletto per la prima volta, nel 2006, il suo Paese era uno Stato mendicante, assoggettato alla colonizzazione della finanza internazionale e degli Usa; adesso ormai da anni vanta una sua dignità e una crescita economica media del 5%, in assoluto fra le più alte e costanti di un Sud America devastato dalle crisi.

Per Morales è imperativo che cibo, acqua ed energia siano assicurati al Popolo; per farlo ha nazionalizzato le risorse naturali e i servizi di base per strapparli alla speculazione, ridistribuendo la ricchezza alle fasce più svantaggiate attraverso una serie di programmi sociali che hanno fatto arretrare drasticamente povertà, disagio e disoccupazione.

Il Presidente boliviano è contrario agli accordi di libero scambio che Paesi come Cile, Perù e Messico stanno negoziando, perché sostiene che il libero commercio e il neoliberismo in America Latina hanno causato solo fame, miseria e disoccupazione, concentrando la ricchezza nelle mani di pochi. Le Istituzioni finanziarie internazionali come Fmi o Banca Mondiale adottano politiche che riducono i Paesi al rango di possedimenti coloniali; per questo la Bolivia rifiuta il loro intervento e le loro ricette, perché vuole essere padrona di se stessa.

Naturalmente è pronta ad accettare cooperazione ed investimenti stranieri, ma mai sudditanza; è questo il motivo per cui s’è liberata dell’influenza degli Usa e persino del loro ambasciatore: non intende sottomettersi al dominio della finanza e dell’imperialismo. Morales è pronto al dialogo ed al confronto, malgrado le differenze ideologiche e culturali, ma diffida degli Stati Uniti e dello stesso Obama finché non cambierà radicalmente la mentalità coloniale delle loro Amministrazioni e multinazionali.

Malgrado le accuse strumentali di tutti i tipi rivolte dagli Usa al Presidente andino (compresa quella di essere un narcotrafficante, bizzarro da parte di un Paese che usa sistematicamente la droga per fini geopolitici), quella inaugurata da Morales, rieletto trionfalmente per la terza volta nell’ottobre scorso con oltre il 60% dei consensi, è un’esperienza di socialismo comunitario che lo stesso Fmi è stato costretto a denti stretti ad approvare per il suo straordinario risultato che ha fatto progredire il Paese, ristretto l’area del disagio e messo i conti in un ordine impeccabile.

Un’esperienza che dimostra come sia possibile rifiutare i frutti avvelenati del liberismo e della sudditanza, e conoscere uno sviluppo equo che sconfigge la povertà e le diseguaglianze.

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