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Unesco: sospensione del diritto di voto a Usa e Israele

Manuela Comito

L’Unesco ha sospeso il diritto di voto degli Stati Uniti, ben due anni dopo che Washington aveva deciso di smettere di erogare i propri contributi finanziari per protesta contro l’ammissione della Palestina come Stato membro.

Questo provvedimento concerne anche Israele, per gli stessi motivi. I due Paesi avrebbero dovuto presentare ieri, 8 novembre come termine ultimo, la documentazione necessaria a motivare la sospensione dei propri pagamenti all’Unesco, per evitare di perdere il diritto di voto. Ma, secondo quanto riferito da fonti interne all’organizzazione citate da France Presse, risulta che tanto gli Usa quanto Israele si siano rifiutati di fornire la documentazione dovuta e questo ha messo in discussione il loro diritto.

Inoltre, secondo quanto riporta “Prensa Latina”, la sospensione del pagamento da parte degli Usa ha provocato una grave crisi finanziaria dell’organizzazione a causa della riduzione del suo bilancio di un 22%. Nel suo discorso di venerdì presso la Conferenza Generale, la Ministra cubana dell’Educazione, Ena Elsa Velasquez, ha denunciato che l’indecente ricatto finanziario del contribuente principale ha provocato una drastica riduzione delle risorse dell’Unesco. Questo fatto ha colpito i progetti per aumentare l’accesso all’istruzione, la scienza e la cultura per decine di milioni di persone che ne hanno bisogno. Da parte sua, il ministro dell’Istruzione Superiore in Venezuela, Pedro Calzadilla, ha detto a Prensa Latina che l’Unesco è sottoposta a un boicottaggio degli Stati Uniti per il semplice fatto di aver agito in modo sovrano come un organismo multilaterale.

La questione verrà discussa ed esaminata nel corso della Conferenza generale, che ha iniziato i lavori questa settimana e si concluderà alla fine della prossima, come riferisce Radioitalia Irib. La notizia è stata battuta anche da tutte le agenzie di stampa internazionali. Com’era prevedibile ha fatto molto scalpore ed ha suscitato reazioni particolarmente “calde” in quegli ambienti apertamente schierati e dichiaratamente favorevoli alla politica estera di Washington e di Tel Aviv, tanto da far parlare alcuni di “deriva jihadista all’Unesco” e fomentare così allarmi per quello che definiscono una “pesante deriva antioccidentale e terzomondista”.

La realtà è molto più semplice di quanto si possa credere: chi, con l’arroganza e la forza ha sempre imposto la propria autorità e fatto valere anche diritti di cui non doveva godere, non vede ora di buon grado il doversi adattare a quelle stesse direttive. E’ auspicabile che l’Unesco mantenga la propria ferma posizione e si ponga come solo arbitro e giudice in merito a questa vicenda. Ad ogni modo, solo con la fine dei lavori della Conferenza Generale conosceremo l’esito della questione.

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