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Iran nucleare: ecco l’accordo che vogliono gli Stati Uniti

di Davood Abbasi

Ad una distanza di circa 10mila chilometri da Washington c’era una volta un nazione che aveva almeno tremila anni di storia alle spalle e che però, dall’ottocento in poi, era caduta un pò in disgrazia.

Infatti dopo la conquista dell’India ad opera di Nadir Sha Afshar (24 Febbraio 1739, battaglia di Karnal), quella terra millenaria non aveva più avuto re degni di questo nome ed era entrata in un lento declino.

I cugini degli americani, gli inglesi, avevano di fatto conquistato quella terra nel 1925, riuscendo a far salire al trono un barbaro e violento caporale del corpo dei cosacchi, un certo Reza Khan.

Gli americani iniziarono a ficcarci il naso proprio in quegli anni e tolsero il controllo di quella terra agli inglesi nel 1953 quando con uno dei colpi di Stato meglio riusciti, nella storia della Cia, riportarono al potere lo spodestato figlio di Reza Khan, Mohammad Reza Pahlavì.

Nel 1979 la terra millenaria si risvegliò, e che risveglio: gli americani vennero buttati fuori in malo modo e ricevettero la più grande umiliazione della loro storia; le loro spie vennero tenute prigioniere nella capitale della nazione nel loro covo per 444 giorni; la loro ambasciata oggi è un museo che i bambini delle elementari visitano per capire che “questi signori” intercettavano le telefonate nel loro Paese con strumenti all’avanguardia negli anni ’80.

Il risveglio della terra millenaria era spaventoso per Washington: quella gente a 10mila chilometri di distanza diceva, per voce del suo anziano leader, che voleva essere indipendente; non era il solito governo comunista; questi facevano sul serio: volevano essere “nè orientali, nè occidentali”. In più volevano anche sostenere pure “gli oppressi” ovunque nel mondo e “dire no al colonialismo” e all’arroganza “delle Potenze”. La costituzione della nazione proibiva le relazioni con il Sudafrica, per l’Apartheid e con Israele per l’oppressione nei confronti dei palestinesi. Il messaggio della nazione, anche se creatosi in un ambito culturale particolare, era mondiale e assolutamente serio.

A questo punto anche i rivali sovietici degli americani erano molto preoccupati e fu così che credettero di aver trovato la soluzione: il signor Saddam Hussein.

Gli americani garantirono le foto satellitari, l’aiuto logistico ed i finanziamenti; il mondo arabo, che era così ottuso da non capire che quella era una liberazione e non una minaccia, contribuì; l’Arabia Saudita pagò fior di quattrini; la Russia diede i Mig, la Germania le armi chimiche, l’Inghilterra le armi leggere, purtroppo pare che pure l’Italia vendette armi.

Saddam nei primi mesi della guerra conquistò una grossa fetta di quella terra; ma ignorava che il nome stesso della sua capitale, Baghdad, era nella lingua della gente di quella nazione(1); non capiva che stava attaccando la sua stessa storia, il suo stesso passato, persino sangue del sangue della sua gente (2). La storia non lo fece aspettare; la nazione sacrificò un milione di vite ma alla fine buttò fuori pure Saddam (1988) che una decina di anni dopo verrà spazzato via per sempre dai suoi ex alleati.

La nazione il cui nome non e’ stato citato ma che significa “terra dei nobili, dei puri”, continua a crescere. Ricostruisce le sue città distrutte dalla guerra, le sue forze armate riescono a rendere sicuro il Paese e le sue frontiere, la sua diplomazia risulta brillante, tanto da essere presente in tutti gli scenari regionali importanti.

L’idea di liberazione dei popoli oppressi di questa nazione fa nascere in Libano il movimento Hezbollah che nel 2000 e nel 2006 riesce a conseguire un risultato storico senza precedenti: sconfiggere Israele e liberare i territori libanesi occupati.

I diplomatici della nazione “sfiorano” uno storico risultato e sono ad un passo dalla soluzione del conflitto tra Armenia ed Azerbaijan, ma un pronto intervento degli americani mando tutto a monte.

La nazione si sviluppa e diventa il nono Paese al mondo ad inviare un satellite nello spazio nel 2009; ha una industria incredibile che produce tutto, dalle medicine ai cacciatorpedinieri; ha una produzione agricola rispettabile con prodotti doc come il pistacchio, lo zafferano e il melograno; una forza che si rispecchia in tutto, nel calcio che arriva ai mondiali, nel cinema che vince gli Oscar, nell’arte con i tappeti, nella cucina più raffinata con il caviale.

La nazione viene colpita con sanzioni, propaganda mediatica, azioni ostili, golpe, ma ogni volta è un fallimento. Durante l’era di Bush junior, gli strateghi del Pentagono mettono a punto almeno 18 piani per l’attacco al Paese ma ogni volta concludono che l’attacco fallirebbe.

Dopo Bush che secondo i media americani ha il quoziente d’intelligenza poco superiore ad uno scimpanzé, lo studio ovale passa ad un genio che è pericoloso come una vipera ma che si traveste molto bene al punto da ingannare anche il comitato per il Nobel.

Lui scatena guerre a destra e a manca e anche più di Bush, le sue guerre sono subdole e perfide, tiene un basso profilo e lascia fare il lavoro sporco ad altri gruppi o Paesi (Libia con gli alleati europei, Siria e Iraq con l’Isis, lo Yemen con l’Arabia Saudita) oppure se si tratta di Somalia e Afghanistan preferisce usare i suoi killer robotici a distanza: i droni.

Per la nazione di cui vi abbiamo raccontato la storia, lui architetta le più perfide sanzioni della storia: non possono fare transazioni bancarie, fa in modo che non diano loro nemmeno le medicine per il cancro, i pezzi per gli aerei di linea e proibisce che acquistino il loro petrolio.

Il perfido inquilino della Casa Bianca sa perfettamente che però queste buffonate non possono durare a lungo e che presto o tardi i suoi stessi alleati che hanno aderito all’embargo inizieranno a stufarsi; ecco che intavola un negoziato con la nazione e con la scusa di regolamentare il programma nucleare che la nazione porta avanti insegue l’obiettivo che la sua nazione ha seguito dal 1979: porre la parola “fine” al risveglio di quel Paese che ora nominiamo: la Repubblica Islamica dell’Iran.

Se non fosse così perchè nell’accordo sul nucleare gli americani insistono perchè si mettano condizioni che con un programma nucleare civile non c’entrano nulla: il diritto, addirittura di poter visitare tutti i siti militari iraniani, quelli dell’esercito, le strutture difensive, le postazioni radar, i sistemi anti-missili ecc…

In parole povere il 5+1 chiede una “resa incondizionata” dell’Iran e quindi la fine di quegli ideali che hanno originato la Repubblica Islamica. In pratica gli americani vogliono porre fine al sogno di milioni di persone che hanno fatto la rivoluzione nel 1979 e mettere lì nel bel mezzo del Medioriente una loro colonia che faccia, più o meno, quello che faceva per loro lo Shà di Persia prima della rivoluzione.

La domanda è che se in Iran, la gente e le autorità, in primis la guida suprema, l’Ayatollah Seyyed Alì Khamenei, lo abbiano compreso o meno. La risposta è sì. Lo hanno capito, sin dall’inizio. Ma allora perchè hanno accettato di negoziare?

Non potevano condannare, agli occhi del mondo, un apparente tentativo di negoziato; loro che erano la vittima dell’ingiustizia, rischiavano di passare dalla parte del torto rifiutando il dialogo. L’Iran ha una richiesta chiara: sviluppare un programma nucleare civile per poter produrre elettricità; visto che questo è un diritto internazionalmente riconosciuto, non essere vittima di sanzioni ingiuste.

E’ chiaro che alla fine, quando verrà fuori quello che il 5+1 ha chiesto all’Iran invece di un ragionevole accordo sul nucleare, un “no” dell’Iran sarà compreso molto bene dalla comunità internazionale che a quel punto vedrà bene da quale parte stava il torto e da quale parte la ragione. E’ vero, gli equilibri internazionali non sono basati sul torto e la ragione e l’etica, ma all’Iran basterà che il mondo intero “sappia la verità” anche se poi non potrà attestarlo.

A questo punto cosa farà l’inquilino della Casa Bianca? I suoi compagni di partito non vogliono perdere le prossime elezioni presidenziali. Deve allungare i negoziati fino al tempo delle elezioni per farli vincere; oppure deve firmare un accordo e poi, chiaramente, non rispettarlo. Ad esempio impegnarsi ad abolire le sanzioni e poi agire diversamente.

In altre parole anche il negoziato è un’altra subdola tecnica “di guerra” con l’obiettivo di ingannare gli iraniani, danneggiarli, ottenere informazioni sensibili su di loro, dividerli al loro interno o perlomeno metterli in cattiva luce dinanzi alle popolazioni mondiali che hanno visto in loro un modello da seguire.

E’ quindi guerra aperta, dietro al tavolo dei negoziati nucleari, una guerra che però si combatte con il pensiero, come in una partita a scacchi.

In conclusione, quindi, prevedere come andranno a finire i negoziati nucleari e’ molto semplice.

  1. A) Non verrà mai firmato alcun accordo.
  2. B) Il tempo per raggiungerlo verrà rinnovato fino al periodo delle prossime elezioni presidenziali americane.
  3. C) Gli americani accetteranno in primo luogo per condizioni ragionevoli dell’Iran per l’accordo (sempre per farne uso strumentale alle elezioni) per poi violarlo al momento giusto.

Teheran, 17 giugno 2015

1 – Baghdad, Bagh (Dio), Dad (donata), in antico persiano significa “Donata da Dio”.

2 – Gli iracheni, sia nel sud (sciiti) che al centro che al nord (curdi) sono imparentati con gli iraniani e di etnia iraniana. Ctesifonte, storica capitale dell’impero persiano Sassanide si trovava vicino all’odierna Baghdad.

Fonte: Irib Italia

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