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Fidel Castro: “Non abbiamo bisogno che l’Impero ci regali nulla”

di Irene Masala

Questa è la risposta del padre della Rivoluzione cubana Fidel Castro al discorso pronunciato dal presidente americano Barack Obama, in occasione della sua visita a Cuba. Dopo più di mezzo secolo di embargo, cambia la strategia degli Stati Uniti nei confronti della vicina isola e cade anche l’ultimo ricordo della guerra fredda. La fine del bloqueo potrebbe portare i vicini americani a raggiungere il tanto agognato obiettivo alla base del bloqueo stesso: far si che Cuba si apra al mondo, e al capitale che lo domina. E questo lo sa bene Fidel, che sempre ha creduto nella resistenza di Cuba, e sa bene quanto pericolose possano essere le pacifiche parole di Obama.

“I re di Spagna portarono con se padroni e conquistatori, le cui impronte rimasero come i fasci circolari di terra assegnati ai cercatori d’oro nelle sabbie dei fiumi, forma abusiva e vergognosa di sfruttamento le cui tracce si possono ancora osservare dal cielo in molte parti del Paese.

Il turismo consiste oggi, in gran parte, nel mostrare la bellezza dei paesaggi e nell’assaporare le prelibatezze alimentari dei nostri mari, sempre che si condivida con il capitale privato delle grandi imprese straniere, i cui profitti non sono degni di attenzione a meno che non raggiungano miliardi di dollari pro capite.

Dal momento che sono stato costretto ad affrontare l’argomento, devo aggiungere, soprattutto per i giovani, che poche persone si rendono conto dell’importanza di tale condizione in questo momento unico nella storia dell’umanità. Non dirò che il tempo è stato perso, ma non esito ad affermare che non siamo sufficientemente informati, né voi né noi, della conoscenza e della coscienza che dovremmo avere per affrontare la realtà che ci sfida. La prima cosa da tenere in considerazione è che le nostre vite sono la frazione storica di un secondo, frazione che dobbiamo condividere con le esigenze vitali di tutti gli esseri umani. Una caratteristica di questo è la tendenza alla valorizzazione del proprio ruolo, che contrasta d’altra parte con lo straordinario numero di persone che incarnano i sogni più aulici.

Nessuno, tuttavia, è buono o cattivo in sé. Nessuno di noi è stato progettato per il ruolo che dovrebbe assumere nella società rivoluzionaria. In parte, i cubani hanno avuto il privilegio di avere l’esempio di José Martí. Mi chiedo anche se dovesse cadere o no nel Dos Rios, quando disse che “è giunto il momento per me”, e caricò contro le forze spagnole trincerate in una solida linea di fuoco. Non voleva tornare negli Stati Uniti e non c’era nessuno che potesse costringerlo a tornare. Qualcuno raccolse alcune pagine dal suo diario. Chi si fece carico della perfida colpa, certamente il lavoro di qualcuno senza scrupoli? Sono note le differenze tra i padroni, però mai la loro indisciplina. “Chi tenta di impadronirsi di Cuba raccoglierà solo la polvere del suo suolo intriso di sangue, se non muore nella lotta”, ha detto il glorioso leader Antonio Maceo. Si riscontra lo stesso in Maximo Gomez, il capo militare più disciplinato e discreto della nostra storia.

Guardandolo da un’altra angolazione, come non ammirare l’indignazione di Bonifacio Byrne quando, dalla lontana barca che lo riportava a Cuba, alla vista di un’altra bandiera accanto alla stella solitaria, disse: “La mia bandiera è quella che mai è stata mercenaria…”, e aggiunse immediatamente una delle più belle frasi che abbia mai sentito: “Anche se disfatta in piccoli pezzi diventerà la mia bandiera, un giorno… e i nostri morti alzando le braccia sapranno difenderla ancora …!”.

Né dimenticherò le illuminanti parole pronunciate quella stessa notte da Camilo Cienfuegos quando, a pochi metri, bazooka e mitragliatrici di origine americana, imbracciate dai controrivoluzionari, puntavano verso la terrazza dove ci trovavamo. Obama è nato nell’agosto del 1961, come lui stesso ha dichiarato. Ed era già passato più di mezzo secolo da quel momento.

Vediamo cosa pensa oggi il nostro illustre ospite: “Sono venuto qui per lasciarci alle spalle le ultime vestigia della guerra fredda tra le Americhe. Sono venuto qui per tendere la mano dell’amicizia al popolo cubano “. Immediatamente una marea di concetti, del tutto nuovi per la maggior parte di noi: “Viviamo entrambi in un nuovo mondo colonizzato dagli europei” – ha proseguito il presidente degli Stati Uniti – “Cuba, come gli Stati Uniti, è stata fondata da schiavi portati dall’Africa; come gli Stati Uniti, anche il popolo cubano ha ereditato il patrimonio di schiavi e schiavisti”.

Le popolazioni native non esistono affatto nella mente di Obama. Così come non menziona il fatto che la discriminazione razziale sia stata spazzata via dalla Rivoluzione; o che la pensione e lo stipendio di tutti i cubani siano stati emanati da questa prima che il signor Barack Obama compiesse 10 anni. L’odiosa abitudine borghese e razzista di contrattare criminali affinché i cittadini neri venissero espulsi dai centri ricreativi è stata spazzata via dalla Rivoluzione cubana. Questo sarebbe passato alla storia come la battaglia combattuta in Angola contro l’apartheid, ponendo fine alla presenza di armi nucleari in un continente di oltre un miliardo di persone. Non era certo quello l’obiettivo della nostra solidarietà, ma aiutare il popolo dell’Angola, del Mozambico, della Guinea-Bissau e di altri stati contro il dominio coloniale fascista del Portogallo.

Nel 1961, appena due anni e tre mesi dopo il trionfo della Rivoluzione, una forza mercenaria dotata di cannoni, fanteria corazzata ed equipaggiata con velivoli, è stata addestrata e accompagnata da navi da guerra e portaerei degli Stati Uniti, per attaccare a sorpresa il nostro Paese. Niente potrà giustificare questo attacco premeditato che ci è costato centinaia di morti e feriti. La brigata di assalto pro-Yankee, da nessuna parte avrebbe potuto evacuare anche un solo mercenario. Aerei da guerra americani sono stati presentati alle Nazioni Unite come appartenenti a squadre di ribelli cubani.

È fin troppo nota l’esperienza militare e il potere di quel paese. Anche in Africa si pensava che la rivoluzionaria Cuba sarebbe stata presto messa fuori combattimento. L’attacco nel sud dell’Angola ha portato le brigate motorizzate dei razzisti del Sud Africa fino alle porte di Luanda, la capitale di questo Paese. Da quel momento è iniziata una lotta durata non meno di 15 anni. Non parlerei nemmeno di questo tema se non avessi il dovere elementare di rispondere al discorso tenuto da Obama nel Gran Teatro de La Habana Alicia Alonso.

Né cercherò di soffermarmi sui dettagli, se non per sottolineare che proprio lì si scrisse una pagina degna di merito nella storia della lotta per la liberazione dell’essere umano. In un certo senso desideravo che il comportamento di Obama fosse corretto. Le sue umili origini e la sua naturale intelligenza erano evidenti. Mandela fu imprigionato per la vita ed era diventato un gigante nella lotta per la dignità umana. Un giorno mi capitò tra le mani una copia del libro in cui si narra parte della vita di Mandela e, sorpresa: l’introduzione era scritta proprio da Barack Obama. L’ho sfogliato rapidamente. Era incredibilmente minuscola la dimensione delle lettere di Mandela.

Vale di certo la pena avere conosciuto uomini così.

Sulla questione del Sud Africa devo segnalarvi un’altra esperienza. Ero davvero interessato a saperne di più su come i sudafricani avevano acquisito armi nucleari. Avevo solo la precisa informazione che non superassero le 10 o 12 bombe. Una fonte affidabile, il professore e ricercatore Piero Gleijeses, aveva redatto il testo “Missioni in conflitto: L’Avana, Washington e Africa 1959-1976”, un lavoro eccellente. Sapevo che era la fonte più sicura che potessi consultare su ciò che era successo e così mi misi in contatto; mi rispose che non aveva parlato della questione, perché nel testo si limitava a rispondere alle domande del compagno Jorge Risquet, che era stato ambasciatore o collaboratore cubano in Angola, oltre che suo intimo amico. Intercettai Risquet; stava finendo un corso per il quale mancavano diverse settimane. Questo corso coincise con un viaggio di Piero a Cuba; era stato avvertito che Risquet era ormai anziano e la sua salute non era ottimale. Pochi giorni dopo è accaduto ciò che temevo. Risquet è peggiorato ed è morto. Piero è arrivato proprio quando non c’era più niente da fare se non promesse, ma avevo già ottenuto tutte le informazioni su ciò che girava intorno a quelle armi e sull’aiuto che il Sud Africa ricevette da Reagan e Israele.

Non so cosa dirà Obama su questa storia ora. Non so cosa sapesse e cosa no, anche se è molto improbabile che non sapesse assolutamente nulla. Il mio modesto suggerimento è quello di riflettere e non cercare subito di elaborare teorie sulla politica cubana.

C’è una domanda importante:

Obama ha pronunciato un discorso in cui ha usato le parole più smielate: “E ‘giunto il momento di dimenticare il passato, lasciamo indietro il passato e guardiamo al futuro, guardiamolo insieme, un futuro di speranza. E non sarà facile, ci saranno sfide, e a queste daremo tempo; ma il mio soggiorno qui mi dà più speranza su ciò che possiamo fare insieme, come amici, come la famiglia, come vicini, insieme”.

Si presume che ognuno di noi abbia rischiato un infarto dopo aver sentito queste parole del presidente degli Stati Uniti. Dopo un blocco spietato che dura da quasi 60 anni, dopo tutti coloro che sono morti negli attacchi dei mercenari dalle navi e dai porti cubani, dopo un aereo di linea pieno di passeggeri esploso a mezz’aria, dopo molteplici atti di violenza e di forza?

Nessuno si illuda che la gente di questo Paese nobile e altruista possa rinunciare alla gloria e ai diritti, né alla ricchezza spirituale raggiunta con lo sviluppo dell’istruzione, della scienza e della cultura.

Avvertiamo inoltre che siamo in grado di produrre ricchezza, cibo e materie prime e che abbiamo bisogno di tutta la forza e l’intelligenza della nostra gente. Non abbiamo bisogno che l’Impero ci regali nulla. I nostri sforzi saranno legali e pacifici, perché il nostro impegno è per la pace e la fratellanza di tutti gli esseri umani che vivono su questo pianeta.

Fidel Castro Ruz
marzo 27 – 10 e 25 pm

Fonte: http://desinformemonos.org.mx/no-necesitamos-que-el-imperio-nos-regale-nada/

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