Medio Oriente

Bahrain, le condanne a morte che non fanno rumore

Il tribunale del Bahrain ha confermato le condanne a morte per due attivisti sciiti accusati di aver attaccato un convoglio militare e ucciso un agente di polizia. Diversi gruppi per i diritti umani sostengono che le confessioni dei due attivisti sono state estorte attraverso la tortura. Lunedì scorso, Mohammed Ramadan e Hussain Moosa hanno perso il loro ultimo appello contro le condanne a morte inizialmente emesse da un tribunale penale nel dicembre 2014. Moosa, un impiegato di hotel e Ramadan, una guardia di sicurezza dell’aeroporto internazionale del Bahrain erano stati arrestati nei primi mesi del 2014.

Amnesty International e un gruppo di attivisti pro-opposizione con sede nel Regno Unito, il Bahrain Institute for Rights and Democracy, hanno affermato che entrambi gli uomini sono stati torturati per estorcere false confessioni. I due ragazzi sono stati sottoposti a violenze sessuali, percosse, privazione del sonno e altri abusi. 

“Il terrore di sapere che mio marito può essere giustiziato in qualsiasi momento senza preavviso, mi sta facendo impazzire”, ha dichiarato la moglie di Ramadan, Zainab Ebrahim, dopo la sentenza. Le autorità del Bahrain hanno impedito a entrambi gli uomini di incontrare i loro avvocati fino alla loro prima condanna a morte nel dicembre 2014.

Il Bahrain, che è guidato da una famiglia reale musulmana sunnita nonostante una popolazione a maggioranza sciita, dal 2011 ha represso con estrema violenza ogni forma di opposizione con l’aiuto saudita. Da nove anni, migliaia di manifestanti anti-regime tengono manifestazioni quotidianamente. Le opposizioni chiedono che il regime di Al-Khalifa ceda il potere e consenta l’istituzione di un sistema giusto che rappresenti tutti i cittadini.

Bahrain, un Paese sotto tortura

Il 14 marzo 2011, truppe dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti sono state schierate in Bahrain per assistere il regime nella sua repressione. Il 5 marzo 2017, il parlamento del Bahrain ha approvato il processo contro civili in tribunali militari, una misura che gli attivisti per i diritti umani considerano una legge marziale non dichiarata in tutto il Paese. Il re del Bahrain, Hamad bin Isa Al-Khalifa, ha ratificato l’emendamento costituzionale il 3 aprile 2017.

Tutto questo avviene con la più completa connivenza delle Istituzioni internazionali, Onu per prima, sempre pronte a voltar la testa quando sono in ballo gli interessi sauditi, come dimostra anche il vergognoso ripensamento sull’iscrizione nella black list della coalizione saudita a seguito dell’aggressione allo Yemen. Per non parlare della totale complicità di vasta parte dell’Occidente, come sempre ogni qual volta ci sia odore di petrodollari.

di Yahya Sorbello

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