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Coronavirus per le strade e le scuole: inside classrooms

In questa seconda fase del ritorno aggressivo del coronavirus la scuola è senza dubbio sul fronte di guerra. Show must go on, ma qual è il prezzo da pagare? Lo Stato non deve collassare e i genitori devono lavorare per continuare a pagare gli oneri che hanno. Questo però non significa che il virus nelle aule non giri, anzi, esso circola e molto velocemente.

Senza dubbio, lavorando all’interno, “infiltrata” in uno dei tanti istituti nella periferia di Roma, si realizza che in un periodo di pandemia la scuola è uno dei posti più sicuri e tutelati dove ci sono delle regole che devono essere rispettate, ma anche qui i paradossi e le eccezioni non mancano, sebbene certamente “fuori” sia peggio.

A monte, venendo dall’esterno, si comprende che in generale il comparto dell’istruzione pubblica, a partire da come è concepita la gestione del personale al funzionamento dei meccanismi interni, personali e non senza intaccare la didattica, è un carrozzone dal sapore provinciale, poco agile, ancora meno smart, spesso soffocato tra carte, certificazioni e caratterizzato da una dinamica comunicativa più pettegola e isterica che volta alla risoluzione di problemi, finalizzata ad una più opportuna operatività. Si aggiunga inoltre, che il personale impara compiti e doveri sbagliando: ci si trova come immersi in una nebulosa dove si è costretti ad orientarsi con l’intuito piuttosto che con la conoscenza delle cose, facendo della perdita di tempo un’abitudine, un passatempo naturale. S’impara sbagliando (non per volontà propria), ma nell’accezione più negativa e parassitaria della frase.

Diritti e responsabilità

Per quanto concerne i diritti, bisogna stare molto accorti e studiare in quanto se nell’efficienza non c’è un’inclinazione manageriale, nel costringerti ad arrangiarti sì. La scuola nel suo insieme, personale incluso, ha bisogno di svecchiarsi, ha necessità di slegarsi dai particolarismi interni; in sintesi, il sistema si deve ammodernare nella mentalità.

Una panoramica più concentrata invece sul contrasto al virus ci svela degli scenari particolari  legati alla politica nazionale e alle sue scelte. Il ritardo e questa volta l’inadeguatezza del governo sulle misure finalizzate a contenere il ritorno esponenziale della pandemia si sono riflesse nelle classi.

Infatti, quando ci si trova di fronte a dei banchi monoposto con quattro ruote alla base, si comprende la totale disconnessione dalla realtà di chi li ha progettati e di chi li ha approvati.

Non è dato sapere come sia stato pensabile mettere nelle mani di uno studente uno strumento del genere per cinque/sei ore perché inevitabilmente esso è stato trasformato in una macchina a scontro, annullando così qualsiasi tipo di distanza di sicurezza (e le classi non sono certamente grandi).

A causa di questi “banchi”, se prima si stava seduti in due nello stesso metro quadro, ora in diciotto/venti si sbracciano per contendersi in modo ludico lo stesso spazio.

Coronavirus e controlli

Nel sistema Paese ci si domanda chi doveva controllare? E nel comparto istruzione ci si chiede: in tempi di coronavirus con quale criterio si sono pensate e approvate queste “armi di diffusione del virus”? In classe ci sono i professori, certo, ma la sorveglianza durante la lezione non è stata sempre e non è esattamente per tutti all’ordine “dell’ora”.

Il resto lo racconta la base tonda sottostante la sedia a volte impiegata come cestino, dove studenti non rimproverati, sparpagliano spesso un po’ di qua e un po’ di là immondizia di vario genere inclusi fazzoletti e mascherine usati. Questo è accaduto e ancora capita ma ora per fortuna più di rado, però appunto torna la domanda: chi deve vigilare? Chi ha fatto passare l’impiego di queste “altalene” non proponibili?

Coronavirus, uso delle mascherine durante le ore di lezione

Nel Paese non è stata obbligatoria fino al 3 novembre e dunque di conseguenza fino al 5 del mese corrente non lo è stata neanche in aula. In base a quale criterio scellerato si è potuto pensare che per le strade il virus non girasse? Con quale convinzione le autorità competenti a partire dalla Ministro Azzolina hanno stabilito che la protezione più invocata per proteggersi dal coronavirus non fosse necessaria in uno spazio con persone distanti l’uno dall’altro meno di un metro? Così via via sono aumentate le classi in quarantena e i contagi.

Qualcuno ha mai per caso affermato che i bambini e i ragazzi in età scolare non contraggono il virus e non lo fanno circolare in famiglia? Qualche scienziato ha forse detto che tra gli studenti non ci sono asintomatici?

Il governo si è comportato come se nelle scuole l’infezione non potesse essere presente, ma del resto come stupirsi se tra le strade non è stata imposta alcuna regola e l’aria che ha tirato è stata una ventata di festa e normalità?

Qualcuno ci spiegherà la verità?

Se dunque si vuole far finta di nulla, bene, si continui allora ad oscurare ciò che realmente accade tingendo tutto di rosa e si prosegua nel dire che nelle scuole c’è distanziamento, che i ragazzi non si abbracciano e non si sfiorano, che parlano tra di loro a non meno di due metri, che le merende non vengono scambiate o lanciate, che tutti portano sempre la mascherina sopra il naso, che all’entrata e all’uscita non si ammassano per le scale e per i corridoi e in tv, si continui a dire che la curva dei contagi scende, come anche quella dei decessi, come se 500/600/700/800 vittime non facciano la differenza.

Soprattutto, se così dev’essere, si proceda infine col non far girare le forze dell’ordine per le strade che tanto non è vero che alcuni bar sono aperti oltre le 18 e non sono reali neanche quei gruppi di ragazzi che dal centro alla periferia mostrano di star bene senza mascherina tutti vicini l’uno all’altro.

Prima o poi qualcuno ci spiegherà la verità che non viene detta, perché tanta irresponsabilità da parte delle autorità competenti o forse, nulla in proposito verrà mai chiarito, però nessuno può far smettere un essere pensante di riflettere e ragionare, sebbene il gregge pare, debba mirare unicamente all’immunità.

di Ilaria Prolli

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