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Kashmir, soldati indiani sparano sui manifestanti

Kashmir, si fa sempre più feroce la repressione del regime indiano contro la comunità musulmana. Una persona è stata uccisa e decine sono rimaste ferite negli scontri scoppiati lo scorso fine settimana. Le forze militari indiane hanno sparato proiettili veri per fermare le proteste contro il governo indiano nella regione contesa himalayana.

In Kashmir, fonti della polizia indiana hanno riferito che l’uomo è morto nel nord-ovest di Sopore, dopo che i soldati hanno sparato sui manifestanti che avevano attaccato con pietre un convoglio dell’esercito. Una versione contrastante è quella fornita dai residenti, che hanno dichiarato che il 22enne stava lavorando nel suo frutteto e i soldati gli hanno sparato dal loro veicolo.

La notizia della morte del giovane ha portato centinaia di abitanti del villaggio a manifestare per le strade, intonando slogan contro la brutalità del regime indiano e scontrandosi con le forze militari. Altri scontri sono scoppiati in almeno altre tre località, e circa 30 persone sono rimaste ferite.

La scorsa settimana, le forze governative hanno bloccato i fedeli musulmani che si apprestavano a svolgere la preghiera del Venerdì presso le moschee della regione. Questo divieto viene oramai imposto da diversi mesi.

Il Kashmir sta assistendo alle più grandi proteste contro il dominio indiano degli ultimi anni. Le violenze hanno avuto inizio lo scorso 8 luglio, quando i soldati indiani hanno ucciso un leader dell’opposizione. Le proteste, e  il brutale giro di vite del regime indiano, hanno paralizzato la vita nel Kashmir.

Dallo scorso luglio, più di 80 civili sono stati uccisi e migliaia feriti, tra cui centinaia accecati e mutilati, colpiti dai proiettili da caccia sparati indiscriminatamente dai militari indiani. Nelle violenze sono rimasti uccisi anche due poliziotti e centinaia sono stati feriti.

I problemi per il Kashmir risalgono alla sua spartizione fra India e Pakistan. Dal 1989, la violenta repressione del regime indiano ha causato la morte di oltre 68mila persone.

di Giovanni Sorbello

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