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La Nigeria volta pagina, Buhari è il nuovo presidente

di Salvo Ardizzone

La Nigeria ha voltato pagina; la Commissione Elettorale ha ufficializzato il risultato delle Presidenziali: con il 53,9% dei voti il generale Buhari ha avuto la vittoria, a Goodluck Jonathan, il Presidente uscente, è andato il 44,9%, briciole agli altri 12 candidati. Con un atto senza precedenti nella giovane storia del Paese, il candidato sconfitto, almeno di questo bisogna dargli atto, ha accettato pacificamente i risultati del voto, risparmiando alla Nazione il consueto bagno di sangue post elettorale.

Buhari, musulmano ma con una certa popolarità anche nel Sud cristiano, è già stato alla presidenza negli anni ’80, al tempo delle dittature militari e altre due volte aveva provato a farsi rieleggere; stavolta ha avuto la strada spianata dalla catastrofica gestione di Jonathan: corruzione a livelli insostenibili, disoccupazione altissima, economia a rotoli e al Nord la piaga completamente trascurata di Boko Haram, lasciata a incancrenirsi fra massacri ignorati e distruzioni.

Solo negli ultimi tempi il Presidente uscente s’è reso conto del pericolo che dilagava nella parte settentrionale del Paese abbandonata a se stessa, sotto il giogo di funzionari e militari rapaci. L’Esercito, che sulla carta era la maggiore forza armata dell’area, s’è mostrato totalmente incapace, con i comandi che vendevano armi e informazioni ai terroristi e si guardavano bene dal contrastarli; sono dovuti intervenire gli Eserciti degli Stati confinanti, assai più piccoli ma almeno efficienti (soprattutto quello del Ciad, sotto la tutela francese), per dimostrare che la setta poteva essere battuta.

Per correre ai ripari, Jonathan è ricorso a un esercito ombra di centinaia di mercenari sudafricani, almeno trecento dei quali sono tutt’ora alloggiati in un’ala dell’aeroporto di Maiduguri, nell’estremo Nord: sono arrivati con elicotteri francesi, mezzi blindati russi e piloti e conducenti ucraini, ingaggiati attraverso società di sicurezza private. Sono loro a condurre di notte il lavoro “sporco”, inseguendo le bande di Boko Haram, e al mattino, a cose fatte, arriva l’Esercito nigeriano ad uso dei media, come nel caso di Gwoza, un grosso centro divenuto base principale dei terroristi.

È stato comunque troppo tardi, e la setta non è che uno dei tanti problemi della Nigeria che ora dovrà affrontare Buhari: il Paese, ricchissimo di petrolio e gas (che sono le uniche esportazioni), ha strutture che cadono a pezzi; le multinazionali, dopo aver spremuto ciò che potevano, stanno prendendo le distanze e, con le quotazioni in picchiata, le casse dello Stato sono vuote, dissanguate da una corruzione che è la prima piaga della Nazione.

Al di là delle troppe promesse elettorali (che sarà impossibile mantenere), il nuovo Presidente dovrà mettere mano a un grande repulisti della macchina statale; burocrazia, esercito, tribunali, dovranno essere completamente rivoltati; dovrà occuparsi di dare impulso a un’economia vera, che non sia fatta di colossali mazzette e dia finalmente occupazione a una marea di disperati, manovalanza per bande criminali e terrorismo. Infine, e non da ultimo, dovrà riposizionare un Paese letteralmente comprato da multinazionali e da Governi stranieri (Usa, Inghilterra e Cina in testa), che a suon di “stecche” lo hanno sistematicamente diretto. Opere titaniche solo a pensarle.

Francamente dubitiamo (tanto) che Buhari possa riuscirci, ma almeno alcune cose potrebbe farle, limitando la rapacità dei tanti che, dall’interno e dall’esterno dello Stato, spremono una Nazione potenzialmente ricchissima con una immensa popolazione nella miseria, ed ha pure le carte in regola per debellare la mala pianta del terrorismo, lasciata germogliare a piacimento.

Anche si limitasse a questo, per i nigeriani sarebbe un enorme passo avanti dai disastri della gestione di Goodluck Jonathan.

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