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Lo strano caso dell’ebreo discepolo di Gesù

E’ il caso di Bruno Hussar che da ebreo si fece discepolo di Gesù divenendo frate domenicano e partecipando poi come esperto al Concilio Vaticano II, durante il quale contribuì al documento che ha modificato radicalmente l’insegnamento tradizionale della Chiesa sui rapporti tra cristianesimo ed ebraismo. Fondatore in Israele di Nevè Shalom, “villaggio della pace”, dove convivono ebrei e arabi di religione musulmana e cristiana, è sostenitore della santa radice di Israele nel cammino segnato dal Vaticano II.

ebreoBruno Hussar, nato nel 1911 da genitori ebrei, frate domenicano dall’età di 33 anni, ha partecipato come esperto al Concilio Vaticano II, contribuendo alla stesura di quel documento fondamentale che è la dichiarazione conciliare “Nostra aetate”, con la quale è stato radicalmente modificato l’insegnamento tradizionale della Chiesa sui rapporti tra cristianesimo e ebraismo. Padre Bruno è stato il fondatore di Nevé Shalom/Wahat al-Salam, che significa “Oasi di pace”, un villaggio arabo/ebraico dedicato alla convivenza, prendendo il nome dal libro di Isaia (32:18) “Il mio popolo abiterà in un’oasi di pace”.

“Israele, radice santa”, inquietante volumetto con una sconcertante prefazione di Padre Hussar

L’autore di questo volumetto è il Carlo Maria Martini, gesuita che è stato un cardinale, arcivescovo cattolico, teologo, biblista, docente e rettore italiano, esegeta oltre che biblista, arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002. Nel conclave del 2005 fu il cardinale simbolo della fallita opposizione all’elezione di Joseph Ratzinger e i  voti dei “martiniani” confluirono otto anni dopo, nel marzo del 2013, su un altro gesuita, Bergoglio. Il card. Martini muore nel 2012 dopo aver rilasciato le sue consegne in un’intervista, molto discussa, pubblicata subito dopo la morte come testamento spirituale. A raccogliere quest’ultima intervista era stato il gesuita austriaco Georg Sporschill, il medesimo che nel 2008 curò la pubblicazione del libro più rappresentativo dello stesso Martini, anch’esso in forma di intervista, “Conversazioni notturne a Gerusalemme”.

Orbene, già nella prefazione di padre Hussar, cittadino di Israele, leggiamo affermazioni sconcertanti. Egli infatti sostiene che la Chiesa, per proseguire sulla via segnata dal Vaticano II, deve superare, nei propri rapporti con l’ebraismo, “l’ignoranza, i pregiudizi e gli stereotipi vecchi di secoli” (pag.11). Poco importa se l’ignoranza, i pregiudizi e gli stereotipi vecchi di secoli derivano dagli insegnamenti di pressoché tutti i Padri della Chiesa, come scrisse il famoso storico ebreo Jules Isaac, nel libro Genesi dell’antisemitismo, “Occorre riconoscerlo con tristezza – osservava Issac –  quasi tutti i Padri della Chiesa hanno partecipato con la loro pietra a questa impresa di lapidazione morale (dell’ebraismo) non priva di conseguenze materiali”. Per poi proseguire a pag. 13 con un’altra affermazione strabiliante: “la separazione delle vie della Chiesa e della Sinagoga” sarebbe un “proto-scisma”, che avrebbe privato la Chiesa della ricchezza del patrimonio spirituale della seconda, portandola su strade tortuose da cui solo il Concilio Vaticano II l’avrebbe salvata. Il Cristianesimo quindi come “scisma” dall’ebraismo e il Concilio Vaticano II come ricomposizione di quello scisma.

Uno scisma, un malinteso, un errore ormai bimillenario, uno scisma però che grazie al Vaticano II e alle successive iniziative di Giovanni Paolo II, dalla visita alla Sinagoga di Roma al riconoscimento dello Stato di Israele, che ha adempiuto i voti di Padre Hussar, sta gradualmente rientrando col ritorno della chiesa a quella che il card. Martini chiama la sua “radice  santa”, cioè la Sinagoga. Tutto dovrà culminare in una pubblica, solenne richiesta di Perdono del fratello minore traviato (la Chiesa) al “fratello maggiore”.

Dunque Gesù e gli Apostoli sono degli “scismatici” dall’ortodossia ebraica, anzi i “proto-scismatici” e brillano, invece, di gran luce, le figure di Giovanni XXIII – colui che ricevette personalmente Jules Isaac e ne volle ascoltare l’istanza e di Giovanni Paolo II oltre ovviamente quelle del card Martini e di Padre Hussar.

Il testo di Mons. Martini serba sorprese non minori della prefazione. A pag 18, infatti, cita, facendolo proprio, un “midrash talmudico”, in cui si legge ”dieci porzioni di scienza sono state accordate al mondo dal creatore, e Israele ne ha ricevute nove”. Secondo la tesi del cardinale quasi tutta la scienza e la sapienza del mondo sono appannaggio di Israele. E Roma? La Cristianità? Logica conseguenza: i cristiani vadano a scuola dagli ebrei e rimedino all’antico scisma. Tutti a studiare il Talmud e la Cabala.

Tra gli ecclesiastici “giudaizzanti” il card Martini ha superato persino lo stesso card. Bea, pure lui gesuita, nell’esaltazione del giudaismo moderno, fino ad affiancarlo alla chiesa cattolica nella “salvezza dell’umanità”.

di Cristina Amoroso

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