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Israele, cortina fumogena per nascondere fallimento militare

Sono trascorsi circa 170 giorni da quando Israele ha lanciato la sua guerra genocida sulla Striscia di Gaza, che ha causato la morte di 32mila persone e il ferimento di altre decine di migliaia.

Secondo le Nazioni Unite, Gaza è a un passo dalla carestia poiché Israele continua a bloccare l’ingresso di beni di prima necessità come cibo e medicinali. Le forze israeliane hanno anche perpetrato massacri prendendo di mira le persone affamate in attesa di aiuti alimentari. 

Dall’inizio dell’attacco israeliano il 7 ottobre, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha promesso di continuare la guerra fino alla “vittoria totale” su Hamas. Finora l’esercito israeliano non è riuscito a mettere in ginocchio Hamas, il che evidenzia l’invincibilità del movimento di Resistenza. Circa 300 soldati israeliani, secondo stime israeliane, sono stati uccisi nell’offensiva di terra a Gaza. 

Il fallimento del regime israeliano

Il fallimento di Israele nello sconfiggere Hamas ha recentemente sollevato profonde preoccupazioni negli Stati Uniti, spingendo la Whtie House a raddoppiare le richieste per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza. 

Stati Uniti, Qatar ed Egitto mediano i negoziati di tregua al Cairo. I rapporti suggeriscono che i colloqui volti a raggiungere un cessate il fuoco temporaneo si sono interrotti senza alcun risultato. Hamas ha presentato ai mediatori la sua proposta per un accordo di cessate il fuoco. Ha chiesto un cessate il fuoco globale, il ritiro delle truppe israeliane da Gaza, il ritorno degli sfollati al nord e l’ingresso di aiuti umanitari. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, ha dichiarato che Netanyahu non vuole raggiungere un accordo. “La palla ora è nel campo degli americani per spingerlo ad un accordo”, ha aggiunto.

Il 7 ottobre Hamas ha effettuato un attacco nel sud di Israele, seguito dall’assalto israeliano. Più di 1.100 persone sono state uccise nell’operazione militare di Hamas. Circa 250 le persone imprigionate. Hamas ne ha rilasciati oltre cento nell’ambito di un accordo di scambio di prigionieri con Israele a novembre. Attualmente a Gaza rimangono 130 prigionieri, di cui circa 30 presumibilmente morti. Alcuni dei prigionieri sono stati uccisi negli attacchi israeliani contro la Striscia di Gaza.

Usa al servizio di Israele

Gli Stati Uniti hanno sostenuto pienamente Israele politicamente e militarmente da quando il regime ha lanciato la guerra a Gaza. Ma funzionari dell’amministrazione americana si sono recentemente pronunciati contro il crescente numero di vittime a Gaza e contro la sofferenza dei palestinesi. 

La vicepresidente Kamala Harris ha chiesto un cessate il fuoco immediato citando “l’immensa portata della sofferenza” a Gaza. Attualmente, le crescenti richieste alla Casa Bianca per un cessate il fuoco a Gaza sono legate a una serie di ragioni. Innanzitutto, cresce il numero di americani che disapprovano la gestione della guerra di Gaza da parte del presidente Biden, il che potrebbe costargli le elezioni presidenziali di quest’anno. 

In secondo luogo, i gruppi della Resistenza hanno inferto gravi colpi alle forze israeliane nella Striscia di Gaza. Hanno messo in luce il fallimento di Israele nell’eliminare Hamas sul campo di battaglia. Il mese scorso, un documento redatto dall’intelligence militare israeliana ha rivelato che il regime di Netanyahu non sarà in grado di distruggere Hamas. 

Mentre cresce il sostegno verso la Resistenza palestinese, un’ulteriore escalation nel mese sacro potrebbe portare a una terza Intifada (rivolta). Di conseguenza, la guerra di Gaza potrebbe estendersi all’intera regione dell’Asia occidentale. 

Negli ultimi mesi è cresciuto il sentimento anti-americano per il sostegno di Washington alla guerra di Israele a Gaza. In caso di escalation, le forze americane nella regione pagherebbero un prezzo molto alto.

di Redazione

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