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Riavvicinamento tra Turchia e Israele

di Cristina Amoroso

Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che è pronto a normalizzare i rapporti con Israele entro breve tempo, dopo le scuse dell’omologo Benjamin Netanyahu per il raid del maggio 2010,  contro la nave turca Mavi Marmara in acque internazionali in rotta verso Gaza. L’assalto israeliano suscitò una diffusa condanna e provocò una grave crisi diplomatica tra le due parti. Ankara espulse l’ambasciatore israeliano, chiedendo scuse formali, un risarcimento e la fine del blocco sulla Striscia di Gaza.

Erdogan, parlando all’emittente statunitense Pbs lunedì, ha dichiarato che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha contribuito a riavvicinare i leader di Israele e Turchia, una volta intimi alleati, entrati in disaccordo poiché l’assalto israeliano del 2010 sulla flottiglia di navi cariche di aiuti uccise nove attivisti turchi pro-palestinesi.

I due governi nelle ultime settimane sono andati via via restringendo il divario tra loro, superando i punti di disaccordo tra cui l’importo del risarcimento da versare alla Turchia, rispetto al quale Erdogan ha detto che il problema è stato risolto, “Abbiamo raggiunto un accordo… per quanto riguarda la compensazione” e “per quanto riguarda l’invio di aiuti umanitari alla popolazione in Palestina attraverso la Turchia… è l’altra fase dei negoziati, e con il completamento di questa fase possiamo andare verso un processo di normalizzazione, entro giorni, o settimane”, ha dichiarato Erdogan.

Nel corso dell’intervista all’emittente statunitense Pbs, Erdogan ha toccato un altro argomento spinoso per i turchi, il genocidio degli armeni, risalente allo sterminio di migliaia di armeni, negli ultimi anni dell’Impero ottomano, genocidio che è anche uno dei temi sensibili nel processo di avvicinamento di Ankara all’Unione Europea. “Questo non è possibile perché se ci fosse stato un tale genocidio, ci sarebbero stati armeni a vivere  in questo Paese?” Erdogan ha aggiunto: “Siamo un popolo che ritiene il genocidio un crimine contro l’umanità e non avremmo mai chiuso un occhio per tale azione”.

Il premier turco la settimana precedente aveva presentato per la prima volta le “condoglianze” della Turchia ai discendenti delle centinaia di migliaia di armeni sterminati nel 1915. In un comunicato diffuso alla vigilia del 99mo anniversario dell’inizio delle deportazioni, Erdogan si è rivolto ai “discendenti degli armeni uccisi nel 1915”, definendo il massacro “il nostro dolore comune”, una mossa senza precedenti descritta dagli Stati Uniti come un gesto storico, mentre l’Armenia ha respinto la dichiarazione, accusando Ankara di “negazione assoluta”.

L’Armenia ha a lungo cercato di ottenere il riconoscimento internazionale del massacro come genocidio, domanda sostenuta da diversi altri Paesi. Circa 1,5 milioni di armeni sono stati uccisi durante la prima guerra mondiale, quando l’Impero Ottomano stava cadendo a pezzi. La Turchia sostiene che la morte degli armeni (da 300mila a 500mila) sia stata in numero uguale a quella di altrettanti turchi deceduti nel conflitto civile, quando gli armeni insorsero contro i loro governanti ottomani schierandosi con l’esercito russo invasore.

Sempre nel corso dell’intervista di lunedì alla Pbs, Erdogan ha invitato gli Stati Uniti ad avviare l’estradizione di un religioso islamico, accusato di avere complottato per rovesciare il suo governo e minare gli interessi della Turchia.

Si tratta di Fethullah Gulen, “il più influente imam turco, che vive in esilio auto-imposto in Pennsylvania”: il misterioso imam ha preso il largo dal 1997, quando i generali turchi “laicissimi” stroncarono il primo governo islamista liberamente eletto, lanciandosi poi in una purga contro i suoi seguaci. Gulen stesso fu processato in contumacia. Anche dopo la presa di potere del partito di Erdogan, l’Akp, Gulen è rimasto negli Usa, ancorché Erdogan sia stato comunemente indicato come una creatura di Gulen. Il presidente della repubblica, Abdullah Gul, è sicuramente un esponente del gruppo gulenista. Ed infatti ultimamente ha preso le distanze da Erdogan.

Negli Stati Uniti l’organizzazione dell’imam Gulen, che si chiama Hizmet, (Servizio) ha aperto in 25 Stati 132 scuole private, le “chartered schools”. E non basta, l’organizzazione, oltre ad essere entrata anche nei media aprendo la sua Ebru Tv nel New Jersey, pare che gestisca un migliaio di scuole e centri, diffusi in un centinaio di Paesi, in particolare quelli turcofoni dell’Asia Centrale e quelli della diaspora turca in Germania. Qualcuno parla di Gulen come un “asset” americano, quasi un agente della Cia. Sta di fatto che nel 2006 il governo russo ha chiuso d’autorità le reti di scuole che l’organizzazione di Gulen aveva aperto nelle provincie dell’Asia centrale, con la motivazione che si trattava di “facciate” della Cia. I motivi della rottura di Erdogan col capo dell’organizzazione “Hizmet”, Gulen l’Americano, vanno ricercati nella politica velleitaria di Erdogan che, con l’appoggio armato ai ribelli-mercenari sunniti anti-Assad, ha reso la grande Turchia asservita al settarismo del Qatar e della monarchia saudita, il più feroce wahabismo.

Alla domanda di un giornalista in Parlamento dopo una riunione di deputati del suo partito sull’inizio di un processo per l’estradizione di Gulen dagli Stati Uniti, Erdogan ha risposto positivamente. Inoltre nell’intervista alla Pbs, Erdogan ha dichiarato che Gulen, un ex alleato con un ampio sostegno nella polizia e nella magistratura, potrebbe anche rappresentare una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti a causa delle sue attività. “Non si può consentire che questi elementi che minacciano la sicurezza nazionale della Turchia esistano in altri Paesi, perché quello che fanno per noi qui, potrebbero fare contro il paese ospite”, ha affermato Erdogan all’intervistatore Charlie Rose, secondo una trascrizione. Ha aggiunto che la Turchia aveva annullato il suo passaporto e che Gulen è rimasto negli Stati Uniti con  una carta verde come residente legale.

Le scuole di Gulen in tutto il mondo sono una delle principali fonti di influenza e di finanziamento e devono quindi diventare il bersaglio degli sforzi del governo per farli arrestare.

Erdogan accusa Gulen di escogitare accuse criminali contro suo figlio e i figli di tre ministri, coinvolti in uno scandalo di corruzione per tangenti ricevute. Il premier ha anche accusato l’Hizmet, il movimento di Gulen, delle intercettazioni fatte a migliaia di telefoni e delle registrazioni audio, tra cui presumibilmente quelle del suo ministro degli Esteri e di alti funzionari della sicurezza che parlavano di un possibile intervento armato nella vicina Siria, sul sito web di YouTube. Queste accuse sono state negate da Gulen. Le registrazioni sono apparse in vista delle elezioni comunali del 30 marzo ma hanno avuto scarso effetto nell’influenzare la popolarità di Erdogan, che con il suo partito Akp domina la mappa elettorale.

E’ il caso di chiedersi se stiamo assistendo alle prime fasi di uno scontro fra islamisti? Fratelli Musulmani contro la setta di Gulen? Sharia contro neo-ottomanismo? Staremo a vedere.

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