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Tra luci ed ombre, al via la nuova missione italiana in Iraq

di Salvo Ardizzone

Nei giorni scorsi Renzi ha annunciato l’invio di un contingente a protezione della diga di Mosul per la durata dei lavori necessari al suo consolidamento, aggiudicati da tempo alla Trevi Group di Cesena; una commessa da 2 Mld di dollari a cui non si è potuto ancora dare seguito per motivi di sicurezza. La richiesta dell’invio di un contingente è giunta direttamente dagli Usa, a cui a breve s’aggiungerà quella ufficiale del Governo di Baghdad.

La diga si trova a una ventina di chilometri dalle postazioni dell’Isis e rappresenta un obiettivo strategico attorno a cui, l’anno scorso, si sono svolte aspre battaglie che l’hanno danneggiata. Se crollasse sarebbe un disastro colossale che, non solo priverebbe un’ampia regione di risorse idriche, ma causerebbe un’inondazione che giungerebbe fino a Baghdad.

Le sue condizioni sono precarie perché da anni non ha manutenzione e dopo il danneggiamento causato dai combattimenti per il suo controllo (l’Isis se n’è impossessata per due settimane prima d’essere sloggiata), gli americani si sono limitati ad effettuate alcune infiltrazioni di cemento per consolidarla.

Nel suo discorso Renzi ha parlato di un contingente di 450 uomini, che s’andrebbe ad aggiungere ai 750 che si trovano già impegnati fra addestramento delle milizie curde e supporto ai Tornado da ricognizione, ma è già certo che saranno di più, almeno 700. Un dispositivo che s’andrà a incasellare in quello già costituito nell’area dai Peshmerga e da special forces americane e inglesi.

La Task Force sarà costituita da uomini della Folgore e da aliquote di Forze Speciali, con l’appoggio di blindati pesanti Centauro, mortai rigati ed elicotteri d’attacco Mangusta; una simile potenza di fuoco è necessaria per fronteggiare gli attacchi di blindati pieni d’esplosivo che l’Isis manda a ondate per aprir la strada alle sue incursioni.

Per dispiegare un simile contingente servirà tempo: ai primi di gennaio ci sarà una prima ricognizione dei militari italiani sui luoghi, poi il Governo dovrà andare in Commissione parlamentare dove riferirà sugli scopi della missione e, soprattutto, definirà le regole d’ingaggio, fondamentali per evitare disastri trattandosi di zona di guerra. Se a questo s’aggiunge il tempo per trasferire i mezzi, è probabile che s’arriverà ad aprile prima che il contingente sia rischiarato in Iraq.

A parte altre considerazioni, almeno questa volta, a differenza della volta precedente, l’intervento è richiesto da un Governo legittimo sotto l’attacco di una banda di terroristi; ciò che ci si può augurare (senza contarci troppo visti i precedenti) è che disposizioni chiare possano evitare altre tragedie in stile Nassiriya, o che il contingente eviti di farsi coinvolgere nelle ambigue operazioni che la cosiddetta coalizione a trazione Usa conduce nel nord dell’Iraq.

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