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Gli Usa e la disperata strategia del Divide et Impera

di Giovanni Sorbello

La strategia americana in Medio Oriente continua ad essere sempre più ambigua e confusa. Di recente il Pentagono ha riferito di voler inviare un contingente di mille soldati americani in Medio Oriente. Queste truppe, composte da reparti speciali, dovranno organizzare centri di formazione per le forze “moderate” dell’opposizione in Siria per combattere i terroristi dell’Isil. Risulta quanto meno paradossale questa nuova iniziativa militare americana, considerando che l’Isil è una creatura degli Usa e dei fedeli alleati nella regione.

Di questa nuova forza militare dovrebbero far parte i circa tremila terroristi che avrebbero disertato la scorsa settimana dai ranghi dell’Isil, portando con sé armi, denaro e attrezzature fornite da Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti e Regno Unito. Gli Stati Uniti ed i suoi alleati regionali stanno continuando ad utilizzare questi gruppi criminali per lanciare una guerra per procura contro l’Iran, la Siria e soprattutto il movimento di resistenza Hezbollah in Libano, nemico numero uno di Israele. L’espansione dell’Isil nell’area, attuata grazie anche ad un’impressionante campagna mediatica in chiaro stile hollywoodiano, ha offerto un pretesto per il lancio di una nuova e prolungata guerra con relativa presenza militare guidata degli Stati Uniti in Medio Oriente.

Gli Stati Uniti – ed alleati – non stanno facendo altro che riproporre la seppur vecchia ma sempre valida strategia del Divide et Impera, come mezzo per difendere e promuovere i propri interessi nella regione. Gli Usa, oltre che a fomentare terrore e sedizione, stanno cercando – e non da ora – di infiammare il conflitto all’interno della comunità islamica, utilizzando l’ala più fanatica dei salafiti (sempre molto gestibili e facili da comprare) contro gli sciiti, divenuti l’ostacolo principale per il raggiungimento dei loro obiettivi. Sfruttando il conflitto “costruito” all’interno delle varie comunità islamiche nella regione, il passo successivo sarebbe quello di rimettere in piedi ciò che rimane dei vecchi regimi per cercare di contenere il potere e l’influenza iraniana in Medio Oriente e nel Golfo Persico.

Visti i risultati ottenuti in Siria, Iraq, Yemen e Bahrain questa strategia sembra aver fallito su tutta la linea. In questo scenario Israele resta protagonista assoluto seppur dietro le quinte. Come più volte ripetuto, gli equilibri dell’intera regione vertono soprattutto sul confronto Israele-Hezbollah. Per Tel Aviv i nemici da combattere sono tanti, ma oramai è chiaro a tutti che il conflitto finale sarà fra il Partito di Dio e l’esercito israeliano. Negli ultimi mesi la tensione è tornata altissima, soprattutto dopo l’attacco di Israele contro un convoglio di combattenti di Hezbollah a Quneitra, in territorio siriano. Quest’ultima provocazione israeliana non ha fatto altro che incendiare ancor di più una situazione già di per sè molto tesa.

Diversi politici e analisti militari scommettono su un prossimo e decisivo conflitto tra Israele e la resistenza libanese, sottolineando che l’elevata potenzialità raggiunta oggi da Hezbollah potrebbe risultare devastante in un nuovo conflitto con l’esercito di Tel Aviv. Il conto alla rovescia sembra essere iniziato.

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