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Il populismo xenofobo aumenta la discriminazione etnica e religiosa in Italia

di Cristina Amoroso

All’affermazione “l’Italia è razzista” sono in molti ad indignarsi, portando – a dimostrazione del contrario – lo spirito d’accoglienza del popolo italiano che ha dato prova di salvare numerosi barconi di migranti, accogliendo quei “disgraziati” nella nostra terra, nonostante la crisi economica e la penuria di lavoro.

Negli ultimi tempi però sta avvenendo un cambio di tendenza e frasi come: vi rubano il lavoro, le case popolari agli italiani, che se ne stiano al loro Paese, sono tutti delinquenti e non li vogliamo, e via di questo passo… dove andremo a finire? Molti sono anche convinti che gli immigrati prendano soldi ogni mese dallo Stato italiano. E’ bene che si sappia che né immigrati, né richiedenti asilo, né rifugiati vengono pagati in alcun modo. Esiste invece un business milionario che circola intorno all’accoglienza, ai Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e a tutte le strutture che ospitato gli immigrati, proprio alle spalle di questa povera gente che scappa da guerre, fame e soprusi.

E’ il caso allora di ricorrere ai risultati dei sondaggi per rendersi conto che nel Bel Paese, proclamatosi da sempre antirazzista, è in aumento la discriminazione etnica e religiosa, come fin dallo scorso anno un sondaggio della Pew Research ha rivelato, restituendo l’immagine di un’Italia, fanalino di coda della civiltà europea, “un Paese depresso e rancoroso dove l’antico populismo di una destra stracciona fa presa anche sulla pseudo-modernità e razionalità della sinistra.

Non solo dal sondaggio è emersa l’Italia come un Paese che nutre pochissima fiducia sul futuro della propria economia, ma anche come uno dei Paesi più razzisti d’Europa: una nazione intimamente di destra, con sentimenti simili anche a sinistra.

Che il sondaggio rifletta il trend politico del nostro paese, nel quale si espande a macchia d’olio il populismo xenofobo, insieme ad una sinistra mutata nel suo Dna e ampiamente corresponsabile delle politiche repressive nei confronti d’immigrati e diversamente cristiani.

Al top dell’indice di  non gradimento  il sondaggio segnala i musulmani, i Rom e i nomadi in generale (84%), che pone l’Italia in testa alla classifiche europee. I 24mila Rom, censiti dall’allora Ministro Maroni, indicati al popolo come causa di tutti i mali, sono diventati i capri espiatori di governi fallimentari, come i musulmani, l’odio per i quali  è un prodotto artificiale, un riflesso della War on Terror, uno spauracchio che a troppi fa comodo agitare.

L’ultimo rapporto sulla discriminazione etnica  e religiosa è stato redatto dall’Unar (Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali), dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il quale nell’ultima edizione del suo Dossier, dedica un’attenzione specifica alla rilevazione di situazioni di discriminazione degli immigrati, “de iure e de facto”, in diversi ambiti del loro inserimento nella società italiana. In particolare è stato messo a punto per la prima volta un set di quattro indicatori statistici di discriminazione,elaborati ognuno attraverso un metodo comparativo e riguardanti l’accesso alla casa, l’accesso all’istruzione superiore e universitaria, il tasso di impiego lavorativo e la tenuta occupazionale.

Per quanto riguarda gli episodi di discriminazione razziale o etnica in Italia nel 2014, il rapporto ha trovato che tali episodi sono aumentati di oltre il 17 per cento rispetto all’anno precedente. L’Unar avverte che la discriminazione si basa sempre più sulle differenze religiose. Più di 1400 le denunce sono state registrate nel 2014. Tuttavia i migranti, molti, soprattutto privi di documenti e Rom, hanno semplicemente troppo paura di andare dalla polizia per denunciare abusi e discriminazioni.

Gli attivisti anti-razzismo accusano le autorità italiane di non adottare misure efficaci per prevenire e perseguire la violenza razzista e xenofoba nel Paese, sostenendo che le azioni penali per violenza razzista sono rari, e che i funzionari italiani sminuiscono la portata del problema,  non riuscendo sempre a condannare gli attacchi razzisti. Inoltre la retorica politica e la copertura dei media che collega immigrati e Rom alla criminalità hanno alimentato un clima di intolleranza in Italia.

Si rende, innanzitutto, necessario un intervento più incisivo da parte delle istituzioni, che non possono limitarsi a uniformarsi a posteriori ai dettami della giurisprudenza e delle Direttive europee. Conoscenza e corretta comunicazione sono fondamentali per superare le resistenze e i toni accesi che spesso pregiudicano la riflessione, come continua ad avvenire di fronte al fenomeno degli “sbarchi”. Questi, così come vengono presentati nei titoli delle testate giornalistiche, nel corpo degli articoli, sul web, fomentano la psicosi del pericolo e alimentano risposte di chiusura. Tra l’altro, si parla quasi sempre di irregolari e clandestini, mentre si utilizza raramente il termine “richiedenti asilo”, lo si è fatto solo in 85 degli oltre 12mila articoli monitorati tra il 2013 e il 2014 per conto dell’Associazione Carta di Roma.

Non è forse il momento di passare dalle discriminazioni ai diritti?

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