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Ilva, una sentenza per rifondare l’industria

Della vicenda dell’Ilva di Taranto si è tanto discusso, ma desso arriva una sentenza che mette un punto fermo su tutta la questione. Per arrivare a questo punto ci sono voluti cinque anni di vicende giudiziarie, centinaia di udienze, testimonianze per arrivare a rispondere ad una domanda fondamentale: migliaia di decessi erano una visione di una collettività malata di protagonismo, oppure l’ex Ilva era una macchina della morte che per anni ha sistematicamente avvelenato la citta di Taranto?

Nella sentenza del processo è prevalsa la teoria dell’accusa, ossia che l’Ilva con le sue nefandezze ha massacrato migliaia di cittadini, bambini e non. Sono circa 300 gli anni di carcere comminati ai dirigenti, responsabili d’area, consulenti e politici con i 22 e i 20 anni di condanna per Fabio e Nicola Riva, gli ex proprietari e amministratori dello stabilimento.

Sentenza non definitiva ma storica perché produce un precedente di fondamentale importanza. L’attività industriale in Italia non può mettere al primo posto il ritorno economico fregandosene dell’ambiente e della salute, portando avanti una cultura d’impresa di vecchio stampo.

Quale futuro per Ilva

Ripensare, bonificare, innovare. Sono questi tre i settori nella quale si dovrebbe affrontare un discorso innovativo sull’Ilva. Ripensare la produzione dell’acciaio, bonificare per una vera svolta green, innovare per fare dell’area Ilva qualcosa di produttivo come è successo nel bacino della Ruhr in Germania.

A Taranto, all’Ilva si è sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare e forse sarebbe anche il momento migliore per mettere fine a questa pantomima vista la pioggia di miliardi che sta piovendo sull’Italia. Soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che nella transizione ecologica ha il suo punto forte, almeno sulla carta. Infatti, leggendo le parti riservate alla “decarbonizzazione” ci sono ma sono irrilevanti, stando alle associazioni ambientaliste. C’è un altro strumento ed è il “Just Transition Fund” che finanzia l’uscita dalla dipendenza dei combustibili fossili nelle nazioni a maggiore dipendenza.

Dalla sentenza quindi emergono delle chiare indicazioni che in una nazione un po’ più seria dell’Italia segnerebbero una strada da percorrere. I miliardi in arrivo da Bruxelles sono un piatto molto goloso, ma sono anche un treno da non perdere per cambiare la “Vision” dell’industria siderurgica italiana che deve ripensarsi per aderire ad un mondo nuovo che altrove è già arrivato.

Sebastiano Lo Monaco

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