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Prigionieri palestinesi “sepolti vivi” nelle carceri israeliane

Di Giovanni Sorbello

Non si fermano le proteste dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. La Società per i prigionieri palestinesi (Pps), ha riferito che 120 detenuti palestinesi dal 24 aprile sono in sciopero della fame a tempo indeterminato, per chiedere la fine della loro detenzione illegale.

Il Pps ha aggiunto che circa 90 prigionieri che si trovano nel carcere di Ramla, sono stati messi in isolamento. Un certo numero di scioperanti sono stati anche trasferiti in ospedale a causa del deterioramento della loro condizione di salute.

Le autorità carcerarie israeliane hanno imposto ulteriori restrizioni sui detenuti, impedendogli di incontrare i loro avvocati. Molti dei prigionieri sono anziani e con diversi problemi di salute.

Il Pps ha inoltre affermato che i detenuti hanno dichiarato che l’azione di protesta continuerà fino a quando il regime israeliano non sospenderà la detenzione amministrativa. Questa detenzione è una sorta di reclusione senza processo o accusa, che consente al regime israeliano di incarcerare arbitrariamente i palestinesi per un massimo di sei mesi. Il provvedimento di fermo può essere rinnovato per numero indefinito di volte.

I detenuti palestinesi nelle carceri israeliane sono oggetto di continue violazioni dei diritti umani, come l’uso della tortura durante gli interrogatori da parte delle autorità carcerarie. Amnesty International e Human Rights Watch condannano la politica israeliana di detenzione amministrativa come una chiara violazione del diritto umanitario internazionale. Della cosiddetta comunità internazionale resta ben poco da dire, la sua complicità e il suo silenzio rappresentano l’ennesimo insulto alla dignità e al diritto di ogni essere umano.

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