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La resistenza di Hezbollah è il loro vero nemico

di Giovanni Sorbello

Il movimento libanese Hezbollah è sempre stato pienamente consapevole del fatto che il coinvolgimento seppur marginale nel conflitto siriano, per non parlare del ruolo sempre più fondamentale nel fronte della resistenza in tutto il Medio Oriente, avrebbe scatenato degli attacchi settari contro il Partito di Dio.

Il partito è a conoscenza che ci sono molte forze occidentali e arabe pronte a prestare assistenza ai soggetti locali disponibili ad effettuare attacchi contro la Resistenza. Israele è tra gli Stati in prima linea per sostenere chiunque sia pronto a sferrare un colpo contro il suo più grande nemico.

Molti nemici di Hezbollah data la loro incapacità ad infliggere attacchi diretti al movimento, ricorre ad altri – altrettanto dolorosi – metodi vigliacchi per cercare di attaccare la resistenza, secondo le seguenti linee:

In primo luogo, adottare una campagna diffamatoria contro Hezbollah, cercando di mettere in cattiva luce il partito davanti ai suoi sostenitori e al popolo libanese, etichettandolo come un’organizzazione terroristica che ha soggiogato il Paese con la forza delle sue armi. A conferma di tutto ciò, l’accusa assolutamente infondata e duramente smentita dal Partito di Dio, di un presunto coinvolgimento della Resistenza nei recenti combattimenti tra lo sceicco salafita Ahmad al-Assir e l’esercito libanese a Sidone.

In secondo luogo, fomentare le divisioni tra sunniti e sciiti in modo da isolarli tra loro socialmente, economicamente e culturalmente, utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione, tra cui le moschee e i media, per diffondere menzogne e odio settario contro la Resistenza.

In terzo luogo, continuare a fare appello alle potenze straniere per aiutarli ad attaccare la Resistenza libanese. I nemici libanesi di Hezbollah dopo il tradimento commesso durante il conflitto del 2006 a favore di Israele, non esitano a fare accordi con chiunque – Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita – pur di raggiungere il loro obiettivo finale.

L’attentato di Dahiyeh ricorda un attacco simile avvenuto l’8 marzo 1985 contro il leader spirituale del partito, Mohammad Hussein Fadlallah. Il leader sopravvisse all’attentato, ma 90 residenti della zona rimasero uccisi. Successivamente si è scoperto che l’operazione è stata effettuata da agenti della Cia locali e finanziata dall’Arabia Saudita attraverso l’ambasciatore del regno a Washington, il principe Bandar bin Sultan, oggi a capo dei servizi di intelligence del Paese. L’informazione è stata confermata nel libro di Bob Woodward, “Le guerre segrete della Cia”.

La resistenza libanese rappresenta l’obiettivo finale da parte di quelle potenze straniere che vedono nel partito di Dio, la vera ed unica minaccia per i loro interessi criminali in Medio Oriente. Questi Paesi, così come stanno facendo in Siria, utilizzano la “manodopera” locale rappresentata dagli estremisti sunniti e dalle milizie salafite, per cercare una volta per tutte di impadronirsi del Libano eliminando l’unico vero loro ostacolo, Hezbollah.

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