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L’Italia fotografata da Reporters sans frontières: 77esimo posto nel mondo per la libertà di stampa

di Adelaide Conti

C’ha poco da festeggiare l’Italia osservando la classifica di Reporters sans frontières (Rsf), termometro della libertà di stampa nel mondo. Il nostro Paese infatti continua a perdere posizioni per attestarsi al 77esimo posto. Uno scivolone che pesa, considerando che peggio di noi fra i Paesi dell’Unione Europea solo Cipro, Grecia e Bulgaria. Ma come si è arrivati ad un risultato così poco lusinghiero? La Ong con sede a Parigi fa riferimento al fatto che “a maggio 2015 il quotidiano La Repubblica ha riportato che fra 30 e 50 giornalisti sono sotto protezione di polizia perché sono stati minacciati”.

L’Rsf fa riferimento anche al Vaticano dove “è il sistema giudiziario che attacca i media”. I casi Fittipaldi e Nuzzi non sono passati inosservati e non sorprende, “due giornalisti rischiano otto anni di carcere per la pubblicazione di libri che rilevano il malaffare della Santa Sede”, si legge nel rapporto. In posizioni nettamente migliori Paesi come Botswana e il Burkina Faso, rispettivamente 43esimo e 42esimo nella classifica.

Il segretario generale di Rfs Christopher Deloirell commenta così: “Sfortunatamente è chiaro che molti dei leader mondiali stanno sviluppando una forma di paranoia nel legittimare il giornalismo”. “Il livello di violenza contro i giornalisti (comprese intimidazioni verbali e fisiche, e minacce di morte) è allarmante. La graduatoria, sottolinea ancora l’agenzia francese rivela “l’intensità degli attacchi di Stati, ideologie e interessi privati contro l’indipendenza del giornalismo”.

Le posizioni più alte sono occupate da Finlandia, che detiene il primo posto dal 2010, seguita da Olanda, Norvegia, Danimarca e Nuova Zelanda. Un notevole passo in avanti è stato compiuto dalla Svizzera che in un solo anno dalla 20esima posizione è passata alla settima. Importanti avanzamenti anche per la Tunisia e per l’Ucraina. Peggiora invece la situazione in Polonia e in Tagikistan dove si registrano derive autoritarie. Gli ultimi posti della classifica, che ha visto 180 Paesi censiti, sono occupati dal Turkmenistan e Corea del Nord, mentre la maglia nera va all’Eritrea.

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