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Il grande circo della politica italiana

di Mauro Indelicato

Più che la scelta del nuovo governo, sembra questo un nuovo conclave, con tanto di porte chiuse, con corazzieri a guardia, giornalisti al seguito, manca insomma solo il comignolo per le fumate bianche al Quirinale e possiamo dire che oramai l’elezione del nostro presidente del consiglio è analoga a quella del nuovo pontefice.

Ma mentre nel chilometro quadrato che costituisce il più piccolo stato al mondo, nel giro di due settimane sono passati dalle clamorose dimissioni di un Papa all’elezione di un suo successore, ricevendo elogi per la tempestività della scelta, nell’altra sponde del Tevere, è da un mese circa che ci sono state le elezioni ed ancora “l’Habemus Papam” non può essere pronunciato.

Alcuni media americani ironizzavano, dopo l’elezione di Bergoglio: “Il Vaticano funziona, l’Italia no.” Dunque, ancora una volta il nostro Paese non perde l’occasione di farsi prendere in giro a livello internazionale, in molti raccontano di come i corrispondenti da Roma per le televisioni estere, non mancano di concludere i servizi di politica con poderose risate.

Ma mentre il mondo ci ride in faccia, ai nostrani politici poco importa di tutto ciò ed anzi, questa situazione per i cosiddetti “partiti tradizionali” è l’ideale, in quanto possono giustificare agli occhi dei media accordi ed inciuci già pronti da diverso tempo.

Giorgio Napolitano, il quale ha il record di sette consultazioni in sette anni, ha affidato giusto ieri l’incarico di formare il nuovo governo a Pierluigi Bersani, leader della coalizione che ha ottenuto la maggioranza relativa dei seggi alla Camera dei Deputati. Proprio a Montecitorio, l’ex ministro dello sviluppo del governo Prodi non avrà problemi, in quanto il premio di maggioranza a livello nazionale ha assegnato al suo schieramento il 53% dei seggi; il problema è al Senato, in cui nessuna coalizione ha la maggioranza.

Ma siamo sicuri che il vero nodo sia questo? I calcoli matematici con tanto di pallottoliere fatti per ora, per vedere con chi si può formare il governuccio, non deve far distogliere lo sguardo dal come si è arrivati ad avere questa situazione di stallo: in primis, in un ordinamento come quello italiano, sembra anacronistico avere ancora l’istituto della fiducia parlamentare.

Tale istituto, di fatto, rende il governo schiavo del Parlamento e degli inciuci tra gli scranni di palazzo Madama e palazzo di Montecitorio; se fosse stato tolto, a quest’ora Bersani poteva formare, senza simulazione di conclavi, il suo governo e cercare una maggioranza votazione per votazione, un po’ come accade in Sicilia con Crocetta. Invece, la richiesta di fiducia rende obbligatorie alleanze poco serie, che in media durano al massimo 2 anni: mai nessun governo infatti, dall’inizio della Repubblica, è arrivato a terminare la legislatura.

A tutto questo pasticcio, bisogna aggiungerci l’inopportunità stessa del bicameralismo perfetto, superato da tempo, ma tenuto a galla dai nostri politici: si parla da tempo di creare un Senato senza elezione diretta, ma con i rappresentanti dei vari parlamenti regionali, sullo schema della Camera bassa federale tedesca. Invece, nonostante una prima bozza di riforma in tal senso risalga addirittura al 1997, mai nulla è stato concretamente fatto ed ancora oggi l’Italia deve ancorare i suoi governi, come detto prima, al pallottoliere ed alla speranza che in una delle due Camere qualche franco tiratore non si alzi male la mattina e faccia cascare il governo.

Poi, dulcis in fundo, la legge elettorale, senza preferenze e con il premio di maggioranza regionale al Senato, crea una confusione che, gioco forza, costringe chi vuole governare a stare più attento ai numeri che ai problemi reali del paese.

Ma siamo sicuri che tutto ciò sia frutto di semplici “sviste” dei nostri politici, la cui colpa potrebbe essere “soltanto” quella di non aver attuato riforme? In realtà, come accennato prima, certe situazioni agevolano il mantenimento dell’attuale sistema politico, ponendo l’alibi per alleanze apparentemente “innaturali”, ma in realtà già da tempo pianificate.

Conviene infatti a tutte le forze politiche vivere in una situazione in cui anche un seggio può risultare decisivo: questo dà adito a molti di poter rivendicare poltrone, a suon di minacce, di veti incrociati e tanto altro, senza considerare che, da dieci anni a questa parte, non sono più soltanto i massimi rappresentanti politici a decidere i giochi, ma molti ordini arrivano da altre capitali o da altre istituzioni extra-nazionali.

In una situazione del genere, per esempio, in molte stanze di Berlino e di Bruxelles o di Francoforte sono in tanti a brindare, visto che più alta è l’indecisione, più alta è la possibilità di tenere sotto scacco un intero sistema politico, ordinando alleanze e programmi affini agli interessi non italiani.

Per cui, adesso il “povero” Pierluigi dovrà districarsi in una via molto stretta, ma probabilmente già segnata ed asfaltata da chi di dovere molti mesi fa.

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