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Predator italiani in Africa Centrale: al servizio di chi?

di Salvo Ardizzone

Predator italiani stanno per essere dispiegati in un Paese dell’Africa Centrale; ancora non si sa esattamente dove, ma l’alternativa dovrebbe essere fra la Repubblica Centrafricana (lì avrebbe per “giustificazione” la presenza d’un contingente di genieri della Folgore inquadrato nella missione europea Eufor R.C.A.) e Ciad, dove, dalla primavera scorsa, gli Usa hanno dispiegato un Predator con 80 specialisti al seguito, ufficialmente per controllare le attività di Boko Haram nell’area.

È chiaro che per i droni italiani l’interesse primario non è certo quello di monitorare le vicende della guerra civile Centro Africana, un posizionamento a Banguì sarebbe solo una foglia di fico; è in Ciad che sarebbe la prima scelta nell’allocazione perché da lì sarebbero nella posizione ideale per controllare il vicino Niger e il Sud della Libia, anche nell’ottica d’una nuova e sempre più probabile “crociata” sulle coste sud del Mediterraneo, ormai totalmente fuori controllo.

I Predator italiani, piazzati in una regione dell’Africa Centrale, sostituirebbero l’attività di quello americano, come hanno già fatto a Gibuti i mezzi della Task Force Air Gibuti già dalla fine della scorsa estate. Laggiù, nel Corno d’Africa, da mesi gli Uav dell’Aeronautica Militare supportano la missione Europea Atalanta contro la pirateria, ma in realtà conducono attività di ricognizione sui territori interessati dalle operazioni contro gli Al-Shabaab e più in là, con ogni probabilità, sul Sud Sudan e sul Sudan; regioni tutte in cui sono in corso aspri conflitti che hanno alla base il controllo di Stati quasi falliti e delle loro ingenti risorse naturali.   

Se quest’attività fosse per tutelare chiari interessi del Sistema Paese italiano ancora lo capiremmo, purtroppo è solo l’ennesima comprova di come Roma e il suo apparato militare siano, a tempo pieno, al servizio di quelli dello Zio Sam.       

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