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Morti sul lavoro, il sud maglia nera

Le morti sul lavoro fanno notizia solo quando avvengono, solitamente l’indignazione dura lo spazio di un battito di ciglia e si contraddistinguono per le parate di politici e sindacalisti che promettono mari e monti. In questi giorni, il governo giallo-verde è in brodo di giuggiole per i dati in lieve crescita dell’occupazione, ma ad un’attenta analisi a crescere sono i cosiddetti “lavoretti” che ti permettono, a stento, una sterile sopravvivenza, ma per un governo allo sbando come questo tali notizie sono sbandierate come conquiste epocali.

morti-sul-lavoroEppure il problema delle morti sul lavoro è una piaga che in Italia ha conosciuto e continua a conoscere numeri allarmanti. I dati elaborati dall‘Osservatorio Statistico dei Consulenti del lavoro su base Inail dicono che nell’ultimo biennio, il 2017-2018, “il maggior numero di infortuni mortali di lavoratori si è registrato nella provincia di Crotone (6,3 ogni mille) e, a seguire, nelle province di Isernia (5,9‰) e Campobasso (4,7‰)”. Il Sud è dunque in testa per l’incidenza degli infortuni in occasione di lavoro con esito mortale, “probabilmente”, dicono gli esperti, “per la scarsa attenzione alle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro e per la maggiore concentrazione delle occasioni di lavoro nei settori a rischio.

Numeri che fanno riflettere visto che nel solo 2018, quasi quattro lavoratori su cento – tra quelli iscritti all’assicurazione Inail – hanno subito un incidente. Si tratta di 641mila persone, se vivessero tutte insieme farebbero una città come Palermo. Gli statistici ricordano che l’aumento dell’occupazione degli ultimi anni ha un peso nella crescita delle denunce registrate (+0,9% sul 2017), mentre è confortante il calo della quota di incidenti: si consideri che nel 2013 eravamo al 4,4% dei lavoratori.

Ogni mille infortuni, 1,8 hanno comportato la morte del lavoratore: pesano, nell’ultima statistica, gli eventi che per le tabelle sono “plurimi” quali il Ponte Morandi. Anche per quella tragedia, i decessi registrati dall’Inail nel 2018 sono arrivati a 1.133 (786 in occasione di lavoro) e rispetto al 2017 si è visto un balzo del 10 per cento.

Gli incidenti “in itinere”, ovvero nel tragitto tra casa e luogo di lavoro o viceversa, sono più rischiosi (3,4 su mille mortali). E l’uso di mezzi di trasporto è strettamente connesso ai decessi sul lavoro, tanto che tra gli incidenti di questa tipologia la ricorrenza di casi mortali sale oltre 11 ogni mille. Se il Nord è l’area dove si concentra la maggior parte delle denunce, la mappa si capovolge osservando la gravità dei casi e quindi l’incidenza di morti ogni mille infortuni: il Settentrione diventa infatti l’area più sicura (1,2‰), il Centro replica la media nazionale (1,4‰) mentre il Mezzogiorno registra una incidenza molto più elevata di morti rispetto agli infortuni denunciati (2,2‰). Il Molise guida la classifica delle regioni a più alto rischio di vita durante l’attività lavorativa (5,8‰), seguita dalla Calabria (3,9‰) e dalla Basilicata (3,7‰).

Ma è a Taranto, città devastata dall’Ilva e dalle bugie grilline, che sventola la maglia nera per numero di malattie cancerogene a seguire vi sono: Torino, Milano, Napoli, Genova, Venezia. Tornando a Taranto, il 70% dei tumori denunciati è correlato al settore metalmeccanico una quota che supera l’80% nelle provincie di Genova (83%) e Venezia (87%). La città pugliese si colloca al 14esimo posto per tasso di malattie professionali, ma è la prima provincia italiana per malattie professionali di tipo tumorali: 164 nel solo 2018.

di Sebastiano Lo Monaco

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