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Stefano Cucchi pestato dai carabienieri ma morto di malnutrizione

Roma Cinecittà. Giardino intitolato a Stefano Cucchi

di Cristina Amoroso

A quasi tre mesi dalla sentenza che ha condannato sei medici e assolto altri sei tra infermieri e guardie carcerarie, la Corte ha depositato in Cancelleria 188 pagine in cui sono scritte le motivazioni della sentenza di condanna. Per la III Corte d’Assise il giovane geometra romano è deceduto per “sindrome da inanizione”, come aveva stabilito il collegio peritale.

La malnutrizione è stata quindi la causa della morte del giovane geometra romano di 31 anni, arrestato il 15 ottobre 2009 per droga e morto una settimana dopo nell’ospedale Sandro Pertini, e non le violenze più volte denunciate dalla famiglia.

Stefano è stato vittima dunque per i giudici delle condotte dei medici “’contrassegnate da imperizia, imprudenza e negligenza sia per la omissione della corretta diagnosi, non avendo i sanitari individuato le patologie da cui era affetto il paziente, in particolare tenuto conto del suo stato di magrezza estrema, sia per avere trascurato di adottare i più elementari presidi terapeutici che non comportavano difficoltà di attuazione e che sarebbero stati idonei a evitare il decesso, sia per avere sottovalutato il negativo evolversi delle condizioni del paziente che avrebbero richiesto il suo urgente trasferimento presso un reparto più idoneo”.

Quanto alla condotta dei militari che operarono l’arresto del giovane, la Corte ammette che sia “legittimo dubbio che Stefano Cucchi, arrestato con gli occhi pestati e che lamentava di avere dolore in tutto il corpo, fosse stato già massacrato di botte dai carabinieri”, ancora prima di essere consegnato la mattina del 16 ottobre 2009 agli agenti di polizia penitenziaria che lo portarono nelle celle sotterranee del tribunale di Roma in attesa della convalida del suo arresto per droga.

Molta amarezza nelle parole di Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano: “Questa sentenza è una pietra tombale sulla morte di mio fratello”, dice Ilaria commentando le motivazioni della sentenza. “Questa è una tipica sentenza italiana – aggiunge – Smonta l’impianto accusatorio della Procura e per quanto riguarda il pestaggio si ipotizza che possa essere stato compiuto dai carabinieri senza però trasmettere gli atti ai pm per fare indagini”.

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