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Amnesty International: rifugiati siriani in Turchia rimpatriati a forza in zone di guerra

di Cristina Amoroso

Ancora prima di entrare in vigore, l’accordo Ue-Turchia sui rifugiati, invece che “svolta storica” sta rivelando ogni suo lato oscuro, “difetti fatali” di un accordo che è stato un errore.

“Un colpo di proporzioni storiche ai diritti umani”, Amnesty International aveva usato termini durissimi per condannare l’accordo appena siglato fra Unione Europea e Turchia sulla gestione della crisi del rifugiati.

John Dalhuisen, direttore dell’organizzazione per l’Europa e l’Asia centrale, spiegandone il perché aveva evidenziato l’idea stessa che ne è alla base. Ovvero che la Turchia possa essere un luogo sicuro per i rifugiati, “un Paese che in questa materia non rispetta né le leggi internazionali né gli standard europei”.

Ben prima dell’inizio della crisi siriana – aveva detto il direttore di Amnesty – si possono contare sulle dita di poche mani gli iracheni e gli afghani che sono riusciti ad ottenere lo status di rifugiato in Turchia dopo anni di attesa. “Inoltre ci sono centinaia di siriani che sono stati respinti al confine dalla Turchia, rimandati indietro verso le zone di provenienza dove c’é la guerra”.

Aveva visto giusto John Dalhuisen alla sigla dell’accordo, se ora, all’entrata in vigore dello stesso, Amnesty International in un report di venerdì scorso riferisce che la Turchia da metà gennaio ha espulso con efficacia esecutiva migliaia di rifugiati siriani costretti con la forza a tornare nella loro patria dilaniata dalla guerra. Circa 100 rifugiati siriani, spesso non registrati in Turchia, sono espulsi dalla Turchia ogni giorno.

Gruppi per i diritti civili sono preoccupati che l’accordo, che mira ad arginare il flusso di immigrati clandestini ed entra in vigore il 4 aprile, minaccia i diritti dei richiedenti asilo, e si domandano se la Turchia è un Paese sicuro per loro. Essi sostengono anche che l’accordo avrebbe trasformato i siti di registrazione greci in centri di detenzione de facto per le persone che non vogliono essere rispedite in Turchia.

Amnesty ha inoltre affermato che, secondo il report, poiché la Turchia ha espulso diverse migliaia di rifugiati in Siria nelle ultime settimane, c’è un rischio reale che alcuni di quei rifugiati rispediti dalla Grecia alla Turchia subiscano la stessa sorte all’entrata in vigore dell’accordo.

Abbiamo assistito alla creazione della Fortezza Europa, che per risolvere la crisi dei rifugiati, non fa pressione sulla Turchia perché migliori la protezione che offre ai rifugiati siriani, ma ne incentiva il contrario, mettendo sul piatto sei miliardi di euro perché la Turchia costruisca la Fortezza Turchia, all’insegna della disumanità.

Nelle precedenti fasi del conflitto, siriani che hanno tenuto i passaporti sono stati in grado di attraversare i cancelli regolari di confine e anche quelli che sono entrati illegalmente avrebbero potuto registrarsi presso le autorità. Ora solo coloro che necessitano di cure mediche urgenti sono autorizzati a entrare e ci sono circa 200mila sfollati siriani a circa 20 km dal confine della Turchia.

Inoltre, Ankara ha rafforzato i controlli alle frontiere e ha imposto nuovi requisiti dei visti per i siriani, una mossa che ha spinto i rifugiati tra le braccia dei trafficanti che fanno pagare una media di mille dollari per ogni passaggio.

Reagendo al report di Amnesty, Ankara ha respinto l’accusa di deportare i rifugiati contro la loro volontà. Una fonte del ministero degli Esteri turco ha riferito a Reuters che Ankara ha mantenuto la politica della “porta aperta” per i profughi siriani dallo scoppio del conflitto cinque anni fa.

Certo la porta del governo turco è stata mantenuta “aperta” per i gruppi dei terroristi takfiri, per le armi, per le migliaia di terroristi stranieri dilaganti nei territori di Siria ed Iraq ad ingrossare le fila dell’esercito dello Stato Islamico, per il contrabbando del petrolio estratto dai pozzi d’Iraq e contrabbandato all’estero con la complicità delle autorità turche… senza dimenticare che la crisi dei rifugiati in atto in Europa e nel resto del mondo nasce dalle politiche a favore della guerra adottate dagli Stati occidentali.

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