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Diritti umani violati negli Usa e in Arabia Saudita

di Cinzia Palmacci

Ficcando il naso negli affari interni degli altri Paesi e ritraendo se stessi come la “culla della libertà” e della “democrazia”, gli Stati Uniti sono accusati di usare un doppio standard nella difesa dei diritti umani.

Per molto tempo, gli Stati Uniti sono stati molto condiscendenti, nella convinzione di detenere il record del miglior sistema di difesa dei diritti umani, e, di conseguenza, tendono a trovare difetti negli altri Paesi. Gli Stati Uniti sostengono anche governi amici che violano sistematicamente i diritti umani come l’Arabia Saudita e diversi altri Paesi arabi, mentre fanno della “facile retorica sui diritti umani” dei loro nemici. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti di solito critica Paesi come l’Iran, la Russia e il Venezuela per quello che definisce le violazioni dei diritti umani, mentre il proprio record di difesa dei diritti umani lascia molto a desiderare.

Molti rapporti dei media e delle associazioni internazionali a difesa dei diritti umani sia all’interno che all’esterno degli Stati Uniti, e le interviste di molti esperti di diritti umani provenienti da Cina, Stati Uniti, Francia, Canada, Russia e Svizzera, hanno rivelato come gli Stati Uniti calpestano sistematicamente i diritti umani degli americani di tutti i ceti sociali. Nel 2015, più di 560mila persone in tutti gli Stati Uniti erano senza casa, il 25 per cento dei quali erano minorenni; nelle carceri dilaga la corruzione, viene praticata la tortura e le detenute subiscono molestie sessuali e aggressioni di ogni tipo. Le donne in carriera vengono fatte oggetto di discriminazione sul posto di lavoro. Gli adolescenti di 15 anni di età o poco più soccombono riportando gravi lesioni, un quarto muore negli scontri a fuoco; il Federal Bureau of Investigation obbliga le società Internet a fornire informazioni sui clienti senza l’approvazione del tribunale, in spregio di ogni legge sul rispetto per la privacy.

Secondo i nuovi dati rilasciati dal Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti, varie forme di disparità sociale si riscontrano nelle scuole pubbliche a discapito degli studenti appartenenti a minoranze razziali. Nella società americana c’è una seria discriminazione contro le minoranze razziali. Secondo i rapporti pubblicati nel 2009, il tasso di disoccupazione tra i neri è pari al 15,7%, tra gli spagnoli il 13,1%, mentre tra i bianchi è stato registrato un tasso pari al 9,5% percento. “Disoccupazione dal 20 all’80 percento delle minoranze”; il tasso di disoccupazione in alcune città americane come Detroit e Milwaukee è del circa 20%. Questo bilancio tra le etnie non-americane è circa l’80 percento. Fino alla fine del maggio 2009, le minoranze spagnole e nere formavano il 27 percento della città di New York, mentre tra gli 11 mila 529 vigili del fuoco di questa città solo il 3 percento erano neri ed il 6 percento spagnoli.

Un altro concetto ignorato negli Stati Uniti, è il diritto di lavoro. Gli Stati Uniti, è uno dei Paesi arretrati del mondo nella protezione delle risorse umane. Gli Stati Uniti, anche in questo caso non hanno una legge codificata. È il datore di lavoro a decidere in questi casi. In questo Paese non c’è una legge per stabilire il minimo ed il massimo delle ore lavorative, mentre in 134 Paesi è stata approvata questa legge.
Nel luglio 2008, un tribunale del Minnesota ha condannato l’azienda di mercato Wal-Mart per aver violato le leggi statali per gli orari lavorativi ed i redditi e la mancanza di recupero dei lavoratori. La rivista Today, in un rapporto nel 20 luglio 2009 ha rivelato che nel 2007, 5,657 dei lavoratori sono morti durante il lavoro, cioè quasi 17 persone al giorno. Dall’altra parte il bilancio dei lavoratori non assicurati è sempre in aumento. Tanti lavoratori in questo Paese non godono nemmeno delle minime norme di assicurazione in caso di malattia. Secondo l’ufficio censimento degli Stati Uniti, nel 29 agosto 2006, il circa 15,6 percento della popolazione americana non aveva assicurazione che questa cifra era in aumento del circa 1,3 percento rispetto all’anno precedente. Lo Stato del Minnesota con l’8,7 percento ed il Texas con il 25 percento, rispettivamente hanno avuto il tasso minimo e massimo dei lavoratori non assicurati. Dal 2003 al 2006 le spese della cura sono aumentate del circa 50 percento e arrivate a circa 88 dollari al mese.

La violazione dei diritti umani in Arabia Saudita

In Arabia Saudita le esecuzioni capitali sono ormai una prassi usuale. Spesso avvengono in pubblico. Anche i diritti delle donne nel Paese sono solo una chimera: ancora oggi, in questo paese, le donne non possono guidare l’automobile (la pena, in caso di violazione, sono dieci frustate), non possono aprire un conto corrente in banca, a loro è proibito lavorare nel settore petrolifero o anche solo avere un documento di riconoscimento (possono farlo solo se hanno il permesso di un uomo). Solo recentemente è stato concesso alle donne di votare e di candidarsi alle elezioni, ma con grosse limitazioni. Per non parlare di molte scelte di politica internazionale alquanto discutibili: dalla decisione dell’Arabia Saudita di bombardare presunti terroristi al di fuori del proprio territorio (e senza alcuna autorizzazione dell’Onu), all’aver fatto del commercio di armi una delle principali attività economiche del Paese.

Secondo l’associazione Freedom House, che ogni anno valuta la violazione o il rispetto dei diritti umani in quasi tutti i Paesi del mondo, l’Arabia Saudita è “non libera” e i voti relativi ai diritti umani sono i peggiori possibili: in una scala da 1 a 7 (dove 1 è il migliore e 7 il peggiore) l’Arabia Saudita ha meritato 7 per le libertà civili, 7 per i diritti umani e ancora 7 per i diritti politici. Oggi in Arabia Saudita non solo i diritti umani sono calpestati quotidianamente, ma è vietato anche solo parlare e chiedere delle riforme. E chi lo fa viene punito con la fustigazione o ucciso barbaramente. Violazioni che, a quanto pare, le Nazioni Unite non hanno considerato abbastanza gravi da impedire che il loro rappresentante fosse messo nel 2015 a capo del “panel di esperti del Consiglio dei diritti umani dell’Onu”.

 

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