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Una tempesta finanziaria sta scuotendo il mondo, Italia in particolare

di Salvo Ardizzone

La tempesta che sta scuotendo le borse di tutto il mondo ha le radici nei tanti nodi irrisolti di un modello di sviluppo suicida (quello iperliberista), e si alimenta di volta in volta nelle debolezze dei vari Sistemi Paese, lasciando campo libero ad una speculazione fuori da ogni regola e mai sazia.

Nella realtà, la crisi iniziata nel 2008 non è mai finita, e non sarebbe potuto essere diverso visto che le uniche misure prese da Governi e Istituzioni, sono state quelle di pompare somme inimmaginabili per sostenere l’economia finanziaria, quella che la crisi l’ha originata, sottraendole o comunque negandole all’economia reale, quella che produce beni e servizi e fa occupazione, insomma che fa campare la gente e fa sviluppo vero.

Se la catasta di migliaia di miliardi bruciati per sostenere banche dietro cui si celano (e neanche tanto) gli stessi speculatori che hanno lucrato somme enormi per intossicare il pianeta con i loro titoli spazzatura, fosse stata impiegata per stimolare e finanziare le imprese (ma quelle vere), staremmo assistendo ad uno straordinario “boom” economico, e invece no.

Lasciando il resto del mondo alle sue peculiarità, per come le hanno disegnate le forze della finanza e del capitalismo più sfrenato, a guardare questa Europa sempre più asfittica ed autoreferenziale vien da piangere per l’ottusa gestione di economia e finanza, impastoiate da regole assurde, disegnate dal gretto egoismo di chi, con spettacolare miopia, guarda solo al suo interesse immediato segando il ramo su cui sta seduto. Regole accettate da tutti senza fiatare, anche da chi ne è stato più pesantemente danneggiato grazie ad una stupefacente ignoranza sposata ad una incredibile superficialità.

Senza voler rifare la storia del modello tedesco imposto all’Europa (ci porterebbe lontano ripeterla) è un fatto che esso mostra ormai la corda, stretto com’è fra crisi internazionali che non riesce a comprendere e governare, e una sudditanza geopolitica accettata supinamente, vedi la rottura dei rapporti con la Russia appena aggirata con mille sotterfugi (il progettato raddoppio del North Stream è solo uno degli esempi). Ma la sua produttività industriale tanto decantata, e quelle stesse banche per cui ha impegnato centinaia di miliardi, quelli si di aiuti di Stato, stanno andando a picco (vedi le paurose crepe in Deutsche Bank, il suo colosso).

In questo massacro annunciato, l’Italia, che aveva chiuso il 2015 in testa a tutte le principali piazze finanziarie, adesso è fra quelle messe peggio e che più risente della tempesta che scuote il mondo.

Cosa è successo? Solo che stanno venendo al pettine i principali nodi colpevolmente trascurati: intanto un colossale debito pubblico lasciato a se stesso, senza il minimo tentativo di tagliare gli sprechi veri (quelli ferocemente difesi da chi ci ingrassa, a differenza delle spese necessarie che nessuno difende e che vengono tagliate senza pietà); e poi l’antico problema delle banche soffocate da crediti inesigibili, lasciato incancrenire Governo dopo Governo, tecnici in testa, senza che mai alcuno ci mettesse mano.

Certo, toccare le banche significa mettere il dito in un formidabile groviglio d’interessi e di poteri, e lo si è visto anche recentemente, ma aver lasciato passare senza fiatare le attuali regole europee dopo che tutti gli altri Paesi avevano bene o male sistemato i conti grazie a colossali aiuti di Stato (oggi a parole proibiti) è stato stupefacente. Qualcosa che solo un mix d’imbecille piaggeria in alcuni e di convenienza e/o vicinanza ai centri di potere che quelle regole volevano in altri (Monti e Letta vi dicono qualcosa?) ha reso possibile.

Sia come sia, adesso l’ipotetica ripresa dell’Italia è bloccata da un sistema bancario paralizzato da una montagna di sofferenze e incagli, e il tanto strombazzato braccio di ferro con Bruxelles ha partorito una soluzione talmente cervellotica e contorta che rinunciamo a spiegarla con parole accessibili ai profani. Il succo è che, come ovvio, è stata ritenuta insufficiente, affondando le prospettive del sistema bancario italiano e riempiendo le vele della speculazione.

Senza soldi per gli investimenti la tanto invocata ripresa non partirà, alla faccia delle centinaia di miliardi che Draghi continua a pompare, che finiscono per alimentare ancora la finanza senza che nulla arrivi all’economia reale grazie alle assurde regole comunitarie che fanno della Bce una Banca Centrale a metà. Questo, insieme alla percezione che dietro agli ormai stucchevoli proclami renziani il Sistema Italia è e rimane bloccato nella stretta di una miriade di centri di potere e corporativismi avidi quanto autoreferenziali, rende il Paese una preda perfetta per la speculazione.

Fra sudditanza politica assoluta (anche a costo di farsi tremendamente male, le sanzioni alla Russia sono solo uno dei tanti esempi), poteri forti intoccabili e una pletora infinita di privilegi (chiamati da chi ne gode diritti acquisiti), l’Italia è e resta quella di sempre: un Paese ingovernato, o meglio, governato al peggio, incapace di trovare la sua via mentre nel mondo capita di tutto.

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