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Netanyahu ed Erdogan s’abbracciano per denaro (e paura)

erdoganNetanyahu ed Erdogan hanno archiviato definitivamente l’incidente della Mavi Marnara, che sei anni fa condusse alla rottura delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi. Mercoledì il Governo israeliano ha nominato il proprio Ambasciatore ad Ankara e giovedì la Turchia ha ufficializzato la nomina del proprio a Tel Aviv. Sono state due nomine di alto profilo che segnalano l’importanza data sia da Erdogan che da Netanyahu alla normalizzazione delle relazioni, passo che era stato preceduto dall’accordo del 26 giugno a Roma.

In realtà i rapporti non s’erano mai interrotti, e un’intensa collaborazione era continuata sotto traccia per la sostanziale coincidenza di vedute ed interessi nelle crisi mediorientali, soprattutto in quella siriana. Adesso, però, nelle mutate condizioni politiche e militari della regione, un’intesa sotterranea non bastava più ed era necessaria la normalizzazione dei rapporti, ancora una volta dettata dalla coincidenza d’interessi.

Due sono i motivi principali che hanno spinto sia Netanyahu che Erdogan; quello economico è legato al gas israeliano: Tel Aviv intende portare il gas scoperto nel Mediterraneo in Europa ed Ankara vuole porsi come Paese di transito verso la Ue (vedi il redivivo accordo con Mosca sul Turkish Stream). È questa la ragione per cui il Ministro israeliano dell’Energia è stato uno degli “ospiti d’onore” del Congresso Mondiale sull’Energia dell’ottobre scorso a Istanbul.

Ma oltre a quella economica, c’è una seconda ragione politica che consiglia a Netanyahu ed Erdogan di stringersi l’uno all’altro: dai tempi della Mavi Marmara, sei anni fa, tantissimo è cambiato nel mondo e soprattutto in Medio Oriente. Gli anni di guerra che hanno portato alla sconfitta dei disegni di spartizione di Siria ed Iraq stanno facendo emergere un compatto Asse della Resistenza da Herat a Beirut con l’Iran al centro. Un asse che sbarra le ambizioni espansionistiche regionali di Erdogan, ma che per Natanyahu è una minaccia esiziale.

Di qui la ritrovata sintonia, anche ufficiale, di due personaggi per molti versi simili; una sintonia che l’elezione di Trump, e il prossimo miglioramento dei rapporti fra Washington ed Israele, motiva ulteriormente nella speranza che dia a entrambi copertura, in un futuro che si prospetta per loro quantomeno incerto.

di Redazione

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