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La Serbia rifiuta la proposta Ue sul Kosovo. E trova l’appoggio russo

di Federico Cenci

Belgrado resiste alle sirene di Bruxelles. Se l’avvio dei negoziati per il suo ingresso nell’Unione europea passa per l’accettazione degli accordi proposti sul Kosovo, la Serbia allontana di fatto l’ipotesi. “Il Governo della Serbia non può accettare i principi presentati verbalmente al suo team negoziale a Bruxelles, dal momento che non garantiscono una piena sicurezza e protezione dei diritti umani per i serbi che vivono in Kosovo”, ha inequivocabilmente spiegato il primo ministro di Belgrado, Ivica Dacic. Così, con un nulla di fatto, si sono conclusi i lavori che per lunghi mesi hanno visto impegnati il primo ministro serbo e il suo omologo kosovaro, Hashmin Thaci, con la mediazione dell’Alto rappresentante europeo per gli Affari esteri, Catherine Ashton.

I punti dell’accordo che la Serbia non accetta sono i seguenti: l’accorpamento delle municipalità di Mitrovica nord (a maggioranza serba) e Mitrovica sud (a maggioranza albanese), che altererebbe gli equilibri etnici locali, e la futura presenza delle forze militari di Pristina nelle municipalità abitate da serbi, fino ad ora autogestite con delle strutture parallele a quelle del Governo centrale kosovaro.

Comunque, Belgrado lascia soltanto semichiusa la porta del dialogo con Pristina. Lo stesso primo ministro Dadic è convinto di avere in tasca una soluzione che accontenterebbe le due parti in causa, serba e albanese, ma vede in Washington un ostacolo alla sua applicazione. L’ipotesi di Dadic consisterebbe in uno scambio di territori: la valle di Preshevo, nella Serbia meridionale ma a maggioranza etnica albanese, verrebbe consegnata all’amministrazione kosovara, in cambio Belgrado riceverebbe il controllo sulla regione del Nord del Kosovo, a maggioranza serba. “In realtà ritengo che i serbi e gli albanesi potrebbero facilmente accettare uno scambio di territori”, ha spiegato il primo ministro al quotidiano tedesco Frankfurt Allgemeine Zeitung. Lo stesso Dadic ha però sottolineato come l’ipotesi non troverebbe il favore di Washington, a tredici anni dall’intervento militare, ancora impegnato ad esercitare la propria influenza sulla regione del Kosovo.

Se i rapporti tra Belgrado e l’Occidente dunque si deteriorano, sembrano però rafforzarsi quelli con l’alleato di sempre, la Russia. “Noi sosterremo certamente i nostri amici serbi”, ha dichiarato il primo ministro russo Dmitri Medvedev alle agenzie di stampa, a margine di un incontro avvenuto mercoledì a Mosca con il primo ministro serbo, Ivica Dacic. “Noi – ha risposto Medvedev a chi gli chiedeva un parere sul rifiuto di Belgrado di firmare gli accordi sul Kosovo – sosterremo sempre la posizione formulata dai dirigenti serbi”.

Durante lo stesso incontro, i due Paesi hanno deciso che la Russia si impegnerà a finanziare interamente la costruzione del tratto serbo del gasdotto South Stream, valutato 1,7 miliardi di euro. Dadic ha annunciato che i lavori dovrebbero iniziare entro il prossimo dicembre. Inoltre, come riporta La Voce della Russia dalle parole del ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, “presto la Serbia riceverà la prima tranche di 300 milioni di dollari del prestito concesso dalla Russia, che ammonta in tutto a 500 milioni”. Prestito concordato nei mesi scorsi, in nome di una solidarietà slava che perdura nel tempo e costituisce, per Belgrado, l’alternativa concreta alla strada che porta a Bruxelles. Il cui percorso è condizionato da un accordo capestro sul Kosovo che la Serbia reputa umiliante e inaccettabile.

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