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Hugo Chavez: la fine di un uomo segna l’inizio un mito

“Sono cattolico, perché Gesù Cristo è stato il primo socialista ad essere venduto ai capitalisti”; questa frase, pronunciata a margine dell’assemblea generale dell’ONU nel settembre 2005, sintetizza meglio di qualsiasi altro esempio la figura di Hugo Chavez, con la sua capacità di unire nel programma politico elementi che qui in Europa vengono spartiti tra destra, sinistra e centro cattolico ed è forse da qui che si può partire nell’analizzare i 14 anni di potere a Caracas.
Egli infatti, pur comunemente definito come un uomo di sinistra, poggia la sua azione di governo su un’ideologia del tutto nuova, da lui stesso definita “bolivariana”, con riferimento a quel Simon Bolivar a cui ha dedicato molti discorsi ed a cui si è ispirato nel sogno di un’America latina unita e smarcata dal gioco delle ex potenze coloniali e degli Stati Uniti.
La sua fortuna politica, la si deve, come spesso è accaduto ai personaggi famosi della storia, ad un grande carisma, sviluppatosi ai tempi dell’accademia militare, in cui assieme ad alcuni suoi amici fonda un movimento interno alle forze armate, chiamato per l’appunto “bolivariano”, che nel 1992 tenta un colpo di stato che però fallisce e lo costringe a due anni di prigione.
Ma è soltanto l’inizio della fase con il quale diviene popolare in un paese stremato dalla povertà e la vicinanza di ampi strati della popolazione, gli vale la liberazione dal carcere nel 1994 ed il definitivo passaggio a tempo pieno alla politica. Il suo partito, a dimostrazione di quanto detto prima, nella denominazione non si rifà ad ideologie ben definite, ma lo chiama “Movimento Quinta Repubblica”, con il quale nel 1999 viene eletto presidente del Venezuela.
La sua popolarità diventa internazionale grazie ad una politica estera molto aggressiva; di fatto, il carisma che l’ha aiutato ad essere popolare in patria, lo aiuterà anche ad essere famoso all’estero, divenendo un punto di riferimento anche per molti movimenti europei. Stringe rapporti con Cuba, con l’Iran, con la Cina, diviene nemico numero uno in sud America per il governo di Washington, tanto che il presidente Bush include il Venezuela nei cosiddetti “stati canaglia.”
Ma il maggior merito riconosciutogli in politica estera, consiste nell’aver esportato la sua ideologia bolivariana in gran parte del continente sudamericano, il quale a poco a poco si accorge dell’esperienza venezuelana e dà il via ad un decennio nel quale paesi come Ecuador, Bolivia, Nicaragua, Honduras, El Salvador e Paraguay eleggono presidenti dichiaratamente filo – Chavez.
Si inaugura quindi un esperimento di unione sudamericana, il cui obiettivo consiste nella solidarietà reciproca tra i vari paesi, al fine di smarcarsi sempre di più  dall’occidente, reo secondo Chavez di schiacciare con le proprie politiche di mercato l’intera popolazione di tale continente.
E così, le politiche economiche vertono sul reinvestimento delle risorse provenienti dal petrolio in programmi di alfabetizzazione, riduzione della malnutrizione, investimenti su ricerca ed università, i quali nei primi anni 2000 hanno iniziato a dare i propri frutti, con una generale diminuzione della povertà nel paese.
Ma la sua fama di accanito anti – imperialista, vuol dire per Chavez molti nemici, tanto a livello interno che internazionale; nel 2002 c’è il governo spagnolo di Aznar dietro un tentativo di colpo di stato, domato dall’insurrezione degli abitanti di Caracas, mentre nel 2005 un noto reverendo evangelista statunitense, in un discorso televisivo “consigliava” al presidente Bush di eliminare fisicamente Hugo Chavez.
Non è un caso allora, che il suo vice, Maduro, nel discorso alla nazione con il quale ha annunciato la morte del presidente, abbia apertamente accusato i “nemici storici” del governo di Caracas di aver avvelenato Chavez, paragonando la prematura scomparsa del leader a quella di Yasser Arafat, avvenuta in circostanze sospette nel novembre 2004.
In molti da Caracas sottolineano come Chavez prima del 2011 non aveva mai avuto malattie particolari e mai si potevano aspettare una morte all’età di 58 anni; le accuse di avvelenamento, non sembrano essere soltanto una provocazione dettata dalla commozione del successore designato, ma è stata in qualche modo resa “ufficiale” anche dalla nota di smentita del Dipartimento di Stato statunitense, il quale ha voluto subito precisare come le parole di Maduro siano del tutto prive di fondamento.
In queste ore, la paura si aggiunge alla commozione in tutto il Venezuela; sono in parecchi ad aver timore che morto il leader carismatico, della rivoluzione bolivariana possa rimanere poco e nulla ed a testimonianza di ciò, in una riunione di emergenza del governo ancora in carica di Caracas, è stato deciso lo schieramento nelle strade dell’Esercito, per garantire, si legge in una nota ufficiale, “l’ordine nazionale.”
Quali sono adesso gli scenari che si aprono non solo nel paese, ma in tutto il sud America? A prima vista, si potrebbe pensare che essendo il suo governo fondato su una figura molto comunicativa, i successori di Chavez, in primo luogo Maduro, non siano in grado di gestire il nuovo corso venezuelano, rischiando di destabilizzare e delegittimare anche i governi filo – chavisti del resto del continente.
Però, nel bene o nel male, Hugo Chavez ha segnato un’epoca ed ha anticipato di circa un decennio le aspirazioni europee di un nuovo tipo di stato sociale e di uno smarcamento dalle ingerenze straniere, che iniziano ad emergere in quasi tutto il vecchio continente; in questo senso quindi, a prescindere dalla piega che prenderà la politica venezuelana in queste ore, il “comandante” potrebbe quasi paradossalmente fare più rumore da morto che da vivo, specie in Europa, da dove già sono in parecchi a lanciare, tramite i social network, messaggi di commiato indirizzati al palazzo presidenziale di Caracas.
E’ proprio questo l’elemento che sorprende maggiormente: gente di diversa estrazione politica e culturale, sembra riconoscere in Chavez quella figura carismatica e trascinatrice verso un’emancipazione anti – imperialista che manca all’Europa. Ecco dunque l’eredità politica del bolivariano: non un nuovo movimento o un sistema politico capace di camminar da solo anche dopo la sua morte, ma una figura riconosciuta come collante per diverse entità politiche, da seguire come esempio nei prossimi anni.
Da domani infatti, il Chavez “dittatore”, descritto e biasimato soprattutto dalla stampa occidentale, potrebbe lasciare spazio per sempre, anche tra l’opinione pubblica europea, alla figura di un Chavez esclusivamente “bolivariano” e carismatico, che attirerà milioni di visitatori a Caracas nel giorno del suo funerale. Come spesso è accaduto nella storia, volendo eliminare un uomo “scomodo”, hanno involontariamente creato un mito.

di Mauro Indelicato

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