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Libia, arrivano le prime vittime italiane alle porte dell’ennesimo intervento coloniale

di Salvo Ardizzone

Due italiani sono stati uccisi in Libia: Fausto Piano e Salvatore Failla erano stati sequestrati nel luglio scorso con altri due colleghi nei pressi di Sabratha; lavoravano per la società di costruzione “Bonatti” impegnata nella manutenzione delle infrastrutture energetiche ancora in funzione. Secondo le informazioni della Intelligence italiana, riferite al Copasir dal Sottosegretario Minniti, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, gli altri due rapiti, sarebbero ancora vivi.

La dinamica dei fatti è tutt’altro che chiara; la ricostruzione più credibile al momento racconta che i quattro erano stati sequestrati nell’estate scorsa da uno dei tanti gruppi criminali dedito a sequestri; la zona di Sabratha è ora interessata da uno scontro violento fra le milizie che da sempre avevano il controllo del territorio (e dei traffici) e i gruppi criminali che si sono affiliati all’Isis e che glielo vogliono strappare insieme alle rendite che ne derivano.

Il livello dello scontro si è alzato esponenzialmente dopo l’incursione effettuata dagli F-15E americani contro una sedicente base del “califfato”, in cui hanno trovato la morte diversi civili. Quel raid, a detta del presidente del Copasir, Stucchi, ha cambiato lo scenario della zona, spingendo milizie e bande criminali preesistenti ad eliminare i nuovi affiliati del “califfo”.

Con tutta probabilità, i due connazionali sono morti durante un tentativo di trasferimento in una zona più sicura, o nelle mani di altre bande: rapitori e ostaggi sono stati attaccati da un gruppo rivale e nel furioso conflitto a fuoco sono stati uccisi (secondo una voce, i due italiani sono stati utilizzati inutilmente come scudi umani dai loro carcerieri). Nel video di circa 30 secondi che documenta l’accaduto, pubblicato dal Media Center di Sabratha, si arrivano a contare 14 morti.

Fin qui la ricostruzione necessariamente lacunosa; resta il fatto che Piano e Failla sono morti ed i colleghi, anche se presumibilmente vivi, si trovano in grave pericolo, in una zona resa volutamente incandescente dalle bombe Usa e dai maneggi delle Special Forces dello Zio Sam con i boss locali.

Resta il fatto che l’Italia s’appresta ad un’operazione militare in Libia (è del 10 febbraio scorso il decreto che autorizza il Governo ad agire bypassando il Parlamento) senza che abbia uno straccio di strategia, un obiettivo, un fine.

Resta il fatto che, mentre la Francia (o meglio, la Total) di interessi precisi in Cirenaica ne ha, e tanti, e ha messo sul campo Forze Speciali, navi ed aerei al fianco dell’Egitto e del generale Heftar, come pure ne hanno Inghilterra e Usa nel resto del Paese, l’Italia s’avvia a distruggere le ultime posizioni che laggiù l’Eni era riuscita a mantenere a dispetto di tutti. Sulle macerie della sciagurata operazione iniziata 5 anni fa, un Occidente avido quanto cinico sta costruendo un altro disastro i cui danni ricadranno sui Libici e sull’Italia.

Piano e Failla sono i primi morti a cui altri, troppi, seguiranno per un intervento militare (meglio dire coloniale) di cui Renzi ha reclamato la direzione. Se non fosse tragico, ci sarebbe da ridere a vedere un Governo così contento d’essere la marionetta di altri contro i propri interessi nazionali.

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