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L’oppressione del Belucistan pakistano

Il Belucistan è la più grande provincia pakistana; affacciata sull’Oceano Indiano è ricca di risorse minerarie, ma la sua scarsa popolazione, appena il 5% di quella nazionale, vede poco o nulla di quelle ricchezze, in parte trascurate, in parte sottratte da uno Stato che tratta quella regione come un territorio occupato.

pakistan-belucistanUn territorio negletto, ma ora più che mai strategico per Islamabad, da quando è divenuto lo snodo del Corridoio Economico Cina-Pakistan (Cecp), il progetto a cui il Governo pakistano si è aggrappato per uscire dall’isolamento a cui l’ha condannato la dissennata politica estera da sempre pilotata dai militari.

“Stiamo costruendo un nuovo Belucistan”, ha dichiarato il premier pakistano Nawaz Sharif, ma in realtà la regione non avrà alcun beneficio dalla crescente dipendenza del Pakistan dalla Cina; una regione più che mai occupata: militarmente dall’Esercito di Islamabad ed economicamente da Pechino.

I cinesi intendevano usare il porto di Gwadar come terminale marittimo di un corridoio che dal proprio territorio giunge all’Oceano Indiano; peccato che solo ora stiano comprendendo che quel corridoio attraversa territori contesi, in rivolta contro un potere centrale oppressivo e costantemente minacciati dal terrorismo.

Il Pakistan non può permettersi di perdere quest’ultima occasione, ma invece di porre rimedio ai tanti problemi sul tappeto, come al solito ricorre alla forza dei militari, occupando militarmente il Belucistan e di fatto militarizzando i territori attraversati dal Cecp.

Per proteggere il porto di Gwadar, è stata creata un’apposita Task Force, la Tf-88; la sua creazione è stata ufficialmente motivata dal presunto avvistamento di un sottomarino indiano in acque pakistane. In realtà, quel fantomatico sottomarino c’entra assai poco; c’entra invece la voglia disperata di compiacere Pechino dimostrando di voler garantire gli investimenti cinesi in Belucistan e nel resto del Paese, ed ancor più la consueta retorica del nemico vicino che rende indispensabili i militari e giustifica il loro controllo sul Governo.

Il Cecp è un progetto ambizioso, ma nasce già segnato sia dalla politica di oppressione del Governo pakistano verso quei territori, sia dall’ottica rapace di Pechino, che ha fatto arrivare dalla Cina non solo i mezzi e i materiali per la costruzione ma perfino la mano d’opera, non lasciando nulla al Belucistan che si limita a sfruttare.

Ma c’è un’altra ragione che ha già decretato la sorte del Cecp: nel vicino porto di Chambahar, nel Belucistan iraniano, è in corso un progetto congiunto fra Teheran e Delhi per la realizzazione di un corridoio strategico che dall’Oceano giunga fino all’Asia Centrale ed alla Russia, che ha dato la sua piena collaborazione.

Un progetto concorrente, ma che parte da presupposti assai diversi: non solo coinvolge in esso tutti i Paesi che attraversa, e la stessa Russia che ne è il terminale, ma mira anche a far crescere i territori su cui sorge. È di qualche giorno fa la notizia di uno stanziamento significativo per lo sviluppo della regione da parte del fondo sovrano iraniano, ed altri se ne aggiungeranno sia da parte di Teheran che di Delhi.

È questo che fa la differenza fra l’ottica di sfruttamento imperialista e quella che mira ad investire per creare ricchezza e sviluppo. E che assicura il successo.

di Salvo Ardizzone

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