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Gli F-35 americani si vendono ma non sono operativi, allora a che servono?

di Redazione

Gli F-35 volano, si vendono, ma non sono ancora operativi, non lo saranno nemmeno nei prossimi anni e comunque nemmeno allora  soddisferanno le specifiche originali.

Il rapporto porta la firma del Pentagono, del suo  Director of Operational Test and Evaluation, cioè di chi per conto dell’esercito americano controlla lo stato d’avanzamento e la corrispondenza alle specifiche del progetto, ed è la certificazione di un fallimento.

Già da tempo si sapeva che l’aereo non è in grado di assicurare le prestazioni previste nel capitolato, che sono poi quelle elevatissime che i clienti comprano, e il rapporto informa che  il problema sarà risolto abbassando le specifiche in modo da aggiustare la forma.

Per l’F-35A cala il numero da 5.3g a 4.6g l’accelerazione di gravità sostenibile in virata ed allungando di otto secondi il tempo dell’accelerazione da 0.8 a 1.2 Mach, perché le specifiche precedenti sono risultate impossibili da rispettare per la macchina. Nel frattempo il costo del programma è lievitato del 90% (per il Pentagono “solo” il 70%) rispetto al preventivo iniziale del 2001, oltre ad aver accumulato un ritardo di cinque anni sul previsto.

Proprio nei giorni scorsi Leon Panetta ha confermato l’impegno al completamento del programma durante un incontro con il ministro della difesa italiana Di Paola. L’Italia ha già ridotto il numero di F-35 in ordine, ma non è la sola perché Canada, Giappone, Olanda e Australia, alle quali negli ultimi giorni si è unita la Turchia, hanno già annunciato l’intenzione di rivedere i rispettivi ordini proprio al ribasso se il costo e le prestazioni delle macchine non saranno conformi a quanto promesso ed è già chiaro che non lo saranno mai. Diversi di questi paesi, come l’Italia, partecipano al programma di sviluppo della macchina.

Il rapporto del Pentagono dice che le prestazioni della macchina non si possono ancora valutare appieno perché ci sono alcuni gravi difetti che sconsigliano di portarla ai limiti previsti e perché manca quasi del tutto l’avveniristico software che dovrebbe rendere l’aereo come nessun altro. Che oltre ad essere in ritardo, secondo le attuali previsioni (l’anno scorso dicevano nel 2016) verrà consegnato completo solo nel 2017.

Non deve stupire quindi che secondo il rapporto, il Dipartimento della Difesa non abbia fatto “virtualmente alcun progresso nello sviluppo integrazione e prove di laboratorio” del magico software promesso da Lockheed Martin, il software non c’è e con esso niente aereo di quinta generazione. Tanto più che l’avveniristico casco che dovrebbe fornire al pilota una visione all round, mai sperimentata prima, non funziona come dovrebbe, la visione del casco non si allinea come dovrebbe all’aereo e richiede di essere accuratamente calibrato per ogni pilota. E nemmeno l’Autonomic Logistics and Information System (ALIS), che il rapporto definisce “immaturo e indietro rispetto al programma” è pronto, e senza l’ALIS a punto “l’aereo non funziona”.

LE CREPE – Ma c’è di più, perché sulle macchine sono state rilevate numerose crepe, sull’ala destra, il motore destro e sulla fusoliera. Fragilità anche negli attacchi all’ala dper missili e bombe, mentre pare che quasi tutti le porte e i portelli abbiano problemi a funzionare correttamente, nel rimanere chiusi come si deve o nel rimanere aperti, com’è capitato con la copertura superiore della turbina che nella versione per la marina permette all’aereo il decollo in verticale e che più volte dopo il decollo è rimasta aperta.

LA VULNERABILITA’ – Ci sono poi problemi con il raffreddamento che usa una sostanza infiammabile, il Polyalphaolefin (PAO) e il sistema d’alimentazione, il primo è risolvibile rimettendo una valvola tolta per risparmiare qualche etto di peso, il secondo invece non è ancora risolto e presenta due ordini di problemi, uno che attiene alla vulnerabilità del sistema in combattimento e un altro dato dal fatto che quando il pilota opera la manovra per liberarsi del carburante superfluo questo va a a bagnare la fusoliera e poi finisce sui piani di coda e ad accumularsi in alcune cavità, provocando un intuibile pericolo. Secondo le stime le modifiche apportate hanno aumentato del 25% la vulnerabilità in combattimento invece di ridurla.

HA PAURA DEI FULMINI – Ma non basta, perché fino ad ora lo F-35 non si è potuto avvicinare a meno di 25 miglia dalle nuvole temporalose perché rischia di essere distrutto da un fulmine (per ironia Lightning II, cioè fulmine è proprio il temine che completa il nome commerciale dell’aereo). In questo caso il problema è nelle deficienza del progetto dell’On-Board Intert Gas Generating, che dovrebbe mantenere all’interno dei serbatoi la giusta percentuale d’ossigeno e non lo fa, esponendo l’aereo al rischio di veder esplodere i serbatoi se colpito da un fulmine. Ma non basta, perché per lo stesso motivo l’aereo non può scendere a più di 6.000 piedi al minuto quando si trova sotto i 20.000, pena rischiare lo stesso tragico risultato.  Poi c’è il problema della coda che si può surriscaldare durante certe fasi di volo, provocando la de-laminazione e il distacco del rivestimento e della struttura. le modifiche apportate finora non hanno risolto il problema. Per una decina di particolari che non hanno mostrato grande resistenza si è risolto invece di programmare la loro frequente sostituzione.

I COSTI IMPAZZITI – Da qui ne deriva un grande aumento della manutenzione, che secondo il rapporto è superiore a quella necessaria agli aerei più anziani ancora in servizio, non buono per un’aereo che tra le frecce al suo arco doveva avere anche costi di manutenzione ridotti  e un’affidabilità a tutta prova.

SALTA IL PROGRAMMA? – In sintesi si può dire che l’aereo non mantiene le promesse in termini di costi e prestazioni e  che tutta la parte più avveniristica del progetto vedrà (forse) la luce e potrà essere testata  tra più di un lustro, rendendo fino ad allora impossibile accertare le reali prestazioni della macchina in condizioni di stress e misurare i suoi limiti. Per questo quasi tutti i clienti, compreso il Pentagono, hanno già ridotto gli ordini dell’aereo e Lockeed incrocia le dita sperando che il deficit del programma non s’incroci al Congresso con le esigenze di tagli al bilancio determinando la sua soppressione. Un’ipotesi di cui si parla ormai da tre anni e che ha fieri sostenitori proprio negli Stati Uniti e proprio tra i militari, che da troppo tempo osservano fiumi di denaro che se ne vanno in programmi avveniristici che poi si rivelano follemente costosi e del tutto superflui anche quando arrivano a compimento.

A COSA SERVONO? È successo con i bombardieri invisibili e gli F-22, che a differenza dell’elicottero invisibile, della fregata invisibile e di altri sistema d’arma poi cassati, sono entrati in servizio per essere impiegati raramente in battaglia, se non mai come nel caso dei fantastici e costosissimi F-22, capaci di assicurare la superiorità aerea su qualsiasi nemico, ma che esistono in una realtà nella quale nessuno dei nemici che gli Stati Uniti hanno affrontato nell’ultimo decennio possedeva un’aviazione degna di questo nome. Infatti hanno smesso di produrli e secondo molti la stessa idea sarebbe da prendere in considerazione anche nel caso degli F-35.

Link: http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/9643-f-35-pacco.html

 

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