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Ennesima rappresaglia israeliana, bloccato il trasferimento dei fondi palestinesi

di Manuela Comito

Il governo di Tel Aviv ha bloccato i fondi fiscali palestinesi per ritorsione nei confronti delle autorità palestinesi che hanno deciso di aderire al Tribunale Internazionale dell’Aja. La richiesta di adesione è stata formalmente presentata venerdì 2 dicembre, affinché Israele sia perseguito per crimini di guerra e si ritiri dai Territori Occupati illegalmente, destinati alla nascita del futuro Stato palestinese. Per rappresaglia, i funzionari israeliani stanno trattenendo 127 milioni di dollari, che dovrebbero essere devoluti all’Autorità Nazionale Palestinese secondo gli attuali, provvisori accordi di pace.

In base ad un accordo economico tra le parti siglato nel 1994, Israele dovrebbe trasferire decine di milioni di dollari ogni mese all’Autorità Palestinese in dazi doganali riscossi sui prodotti destinati ai mercati palestinesi che transitano attraverso i porti israeliani. Le entrate fiscali rappresentano ben i 2/3 del bilancio annuale dell’Autorità Palestinese, esclusi gli aiuti internazionali. Oltre alle minacce di ritorsione da parte del governo di Tel Aviv, non si sono fatte attendere nemmeno le critiche da parte del governo degli Stati Uniti, che ha definito “controproducente” ai fini della ripresa dei colloqui di pace la mossa palestinese.

Durissima la reazione di Saeb Erekat, capo-negoziatore palestinese, che si è scagliato contro la manovra di Israele definendola un atto di pirateria e una sorta di ‘punizione collettiva’ ai danni del popolo palestinese. “Se Israele pensa che attraverso la pressione economica riuscirà a distoglierci dalla ricerca della libertà e dell’indipendenza si sbaglia. Questo denaro appartiene al popolo palestinese e Israele non è un Paese donatore”, ha dichiarato Erekat all’Associated Press. Il congelamento dei fondi è solo una delle azioni di ritorsione che il governo di Tel Aviv intende mettere in atto. Non ci dimentichiamo che continua impunemente a espandere gli insediamenti in Cisgiordania, annettendo porzioni sempre più vaste di territorio palestinese, in sprezzante violazione delle leggi internazionali che considerano tali insediamenti illegali.

Secondo quanto riportato dalla rete israeliana Channel 2, il primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha intenzione di mettere in atto misure ancora più rigide, ha dichiarato: “Non lasceremo che i soldati e gli ufficiali dell’Idf finiscano dinnanzi alla Corte Internazionale dell’Aja. I soldati dell’Idf continueranno a difendere Israele con determinazione e forza e con la stessa determinazione e la stessa forza noi difenderemo loro”. Secondo funzionari giuridici israeliani, citati dal quotidiano Yediot Aharonot, la decisione palestinese di aderire alla Corte Penale dell’Aja procurerà a Israele solo qualche fastidio ma di certo nessuna conseguenza legale sul piano pratico.

Mentre il governo di Tel Aviv è pronto a usare il tentativo di formare un governo di unità nazionale palestinese come una prova della complicità dell’Anp con Hamas negli attacchi ai civili israeliani. Intanto i rapporti tra l’Autorità Palestinese e Israele passano da ‘tesi’ a ‘apertamente ostili’. La Cpi può perseguire le persone accusate di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi dal 1° luglio 2002, quando il Trattato costitutivo della Corte, lo Statuto di Roma, è entrato in vigore.

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