Sudan, crisi senza fine
È passato un anno da quando è iniziata la guerra in Sudan tra esercito ed Rsf, un anno nella quale le vicende del Paese sono passate in secondo nella vulgata mainstream, affaccendata nelle vicende ucraine e adesso in quelle palestinesi.
Sudan, un Paese allo sbando
Sono almeno 23mila le vittime, per la maggior parte donne e bambini, e oltre a 10milioni di sfollati. Gente esposta a violenze, malattie, carestia e stupri. I violenti combattimenti che si svolgono da un anno vedono contrapporsi l’esercito sudanese (Fas), guidato dal generale Abdel Fattah Al-Burhan e le Forze di Supporto Rapido (Rsf) del generale Hamdan Degalo. Non c’è stato modo di mettere in campo una mediazione che potesse portare alla sospensione o alla soluzione del conflitto.
Ufficialmente il conflitto è iniziato dopo mesi in cui i militari delle Rsf attendevano di essere integrati nell’esercito regolare. L’attesa e la mancata regolarizzazione ha portato agli scontri armati, durati inizialmente poche settimane ma che poi si sono allargati a macchia d’olio in tutto il Paese. A poco sono serviti i tentativi di mediazione che si sono scontrati con l’indifferenza delle parti in conflitto. A muoversi sono stati gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita a garanzia dei propri interessi sul territorio.
“Vi è metà della popolazione, circa 25milioni di abitanti, che ha bisogno urgente di cibo e assistenza medica”, ha dichiarato Volker Turk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. A peggiorare la situazione vi è l’80% degli ospedali distrutti, fonte Emergency che è presente con diverse strutture. Almeno 10milioni sono i bambini esposti a violenze, una cifra spaventosa che rappresenta il più alto numero al mondo. Amnesty International ha condannato ambedue le fazioni per “violenze indiscriminate nei confronti di civili con bombardamenti e armi chimiche utilizzate, nel più totale disprezzo del diritto internazionale, nelle aree urbane e nelle aree rifugio dei profughi.”
Darfur
La brutalità delle Rsf dipinge un quadro terrificante dove, proprio in quella regione, continua indisturbata la pulizia etnica contro i membri del gruppo non arabo dei Massalit, dove in città come Geneina sono state ammazzate almeno 15mila persone e dove la violenza sessuale viene utilizzata come arma di guerra, con centinaia di donne e ragazze violentate dalle milizie agli ordini di Degalo.
di Sebastiano Lo Monaco