Sud America, nuovo el dorado petrolifero
Il Sud America negli ultimi anni ha iniziato a recitare un ruolo centrale nello scacchiere globale e merito di questo è in gran parte da attribuirsi alla grande ricchezza di petrolio del sottosuolo locale.
Allo stato attuale i giacimenti già accertati nella regione indio-latina costituiscono un quinto di quelle mondiali, con una stima che negli ultimi dieci anni è sostanzialmente raddoppiata.
Stando agli ultimi dati diffusi dall’Olade, l’Organizzazione latino americana dell’energia solo in Venezuela, il bacino dell’Orinoco, esteso circa 55.000 kmq, custodirebbe ben 297 miliardi di barili, sufficienti a soddisfare l’intera domanda globale per quasi 10 anni.
Questi numeri però rappresenterebbere solamente la punta di un iceberg di dimensioni mastodontiche visto che sempre l’Olade sostiene che tutto il subcontinente indio-latino si troverebbe adagiato su almeno 345 miliardi di barili di petrolio pronti per l’estrazione. Tra i paesi maggiormente beneficiati da queste stime troviamo il Venezuela di Chavez che non a caso negli ultimi anni ha dato vita al programma “Magna Reserva” al fine di accertare tutte le riserve esistenti sul proprio territorio, un progetto che ha fatto di Caracas uno dei primi cinque paesi a livelli mondiale nel mercato degli idrocarburi.
Non solo Venezuela però visto che il Brasile sta scalando posizioni in questa speciale classifica ed anche Cuba si appresta ad entrare nel novero dei paesi produttori di petrolio.
Un paio di mesi fa la compagnia statale Petrobras, ha annunciato la scoperta di un nuovo pozzo di petrolio di “alta qualità”, nelle acque della Bacia de Santos, nel Sud-Est del paese. Secondo le prime stime questo bacino, che ha un’estensione di oltre 350 mila chilometri quadrati, potrebbe fare del Paese il secondo se non addirittura il primo produttore mondiale di greggio al mondo superando anche l’Arabia Saudita.
Il giacimento è stato scoperto mentre un consorzio formato dalla società carioca, Petrogal Brasil, Barra Energia do Brasil Petróleo, Gas Ltda, Queiroz Galvão Exploración e Producción S.A., stavano facendo dei sondaggi nella zona.
Il petrolio giocherà un ruolo centrale anche nell’economia colombiana, grazie all’interesse mostrato dal presidente Juan Manuel Santos, che ha portato il paese ha superare l’obiettivo di produrre un milione di barili di petrolio al giorno. Dal giorno del suo insediamento, nel 2010, il primo mandatario ha sempre identificato nello sfruttamento delle risorse energetiche e minerali le “locomotive” dell’economia colombiana, che a livello regionale è il quarto produttore di petrolio.
Sogni d’oro nero anche per Paraguay e Cuba. In Paraguay sono in via di ultimazione i lavori per lo sfruttamento dei giacimento del bacino del Pirity, nella regione settentrionale del Chaco, con le compagnie locali locali Crescent Global Oil e Pirity Hidrocarburo, pronte a sfruttare in modo intensivo la zona semidesertica e poco popolata e quindi ideale per questo scopo.
La scorsa estate poi la Repsol, società petrolifera spagnola, ha avviato la perforazioni a 1700 metri di profondità nel mare cubano per estrarre il greggio che, secondo le stime, dovrebbe garantire almeno 4,6 miliardi di barili. Le stime degli specialisti cubani, ben più ottimistiche dei loro omologhi europei, sarebbero nettamente superiori: 20 miliardi di barili.
Attualmente il paese caraibico produce appena 4 milioni di tonnellate di petrolio annuo, assolutamente non sufficienti per la richiesta interna ed è costretta ad acquistare quotidianamente 100.000 barili dal Venezuela, suo principale alleato e socio commerciale; iniziare a produrre quantitativi significativi di petrolio permetterebbe quindi al paese di uscire dalla sua atavica povertà.
Il petrolio è sicuramente alla base della rinascita indio-latina.