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Gaza, assedio israeliano e giacimenti offshore

La marina militare israeliana continua a colpire i pescatori palestinesi. Le cannoniere della marina militare aprono il fuoco contro i pescherecci che si trovavano al largo della costa settentrionale della Striscia di Gaza. 

Secondo il sindacato dei pescatori di Gaza, il regime di Tel Aviv continua sistematicamente a violare gli accordi raggiunti a Il Cairo, che hanno messo fine all’ultima offensiva israeliana su Gaza, in base ai quali ci sarebbe stato un ampliamento dell’area di pesca al largo della costa di Gaza fino a 6 miglia nautiche. L’escalation di terrore e di violenza contro i pescatori inermi della Striscia dimostra che per l’ennesima volta il governo israeliano non ha alcuna intenzione di tenere fede agli impegni presi, né di rispettare gli accordi sottoscritti. Il regime di Tel Aviv ha sempre cercato e ottenuto di limitare l’area a disposizione dei pescatori palestinesi.

Con gli accordi di Gerico del 1994 tra Israele e l’Olp erano state imposte 20 miglia nautiche, successivamente ridotte a 12 nel 2002 con l’Accordo Bertini. Nel 2006, con l’inasprirsi dell’assedio israeliano sulla Striscia di Gaza si arrivò a 6 miglia nautiche e, infine, dopo l’offensiva israeliana “Piombo Fuso” i palestinesi possono usufruire di un’area estremamente ridotta, di sole 3 miglia, l’85% in meno rispetto agli accordi del 1994. Le successive offensive israeliane contro la Striscia (Pillar of Cloud del 2012 e Protective Edge del 2014) si concludono con l’estensione dell’area a disposizione dei pescatori palestinesi a sei miglia, salvo poi le rettifiche del governo israeliano che prontamente ritorna a ridurle a tre.

Gaza e l’assedio israeliano

I motivi per cui Israele colpisce i pescatori palestinesi sono diversi, tutti però riconducibili alla necessità per le autorità di Tel Aviv di mantenere uno stretto assedio sulla popolazione. Se ufficialmente si parla sempre di imprecisati “motivi di sicurezza”, la realtà è che la rimozione del blocco navale permetterebbe il rifiorire dell’economia palestinese e una minore dipendenza economica da Israele. Ma la cosa davvero significativa è stata la scoperta di un grosso giacimento di gas naturale presso la costa palestinese di cui Israele ha tutto l’interesse a impossessarsi.

A questo proposito Manlio Dinucci ha scritto nel suo articolo ‘Gaza, il gas nel mirino’: “Per capire qual è uno degli obiettivi dell’attacco israeliano a Gaza bisogna andare in profondità, esattamente a 600 metri sotto il livello del mare, 30 km al largo delle sue coste. Qui, nelle acque territoriali palestinesi, c’è un grosso giacimento di gas naturale, Gaza Marine, stimato in 30 miliardi di metri cubi del valore di miliardi di dollari.

Nel 1999, con un accordo firmato da Yasser Arafat, l’Autorità palestinese affida lo sfruttamento di Gaza Marine a un consorzio formato da British Gas Group e Consolidated Contractors (compagnia privata palestinese), rispettivamente col 60% e il 30% delle quote, nel quale il Fondo d’investimento dell’Autorità ha una quota del 10%. Vengono perforati due pozzi, Gaza Marine-1 e Gaza Marine-2. Essi però non entrano mai in funzione, poiché sono bloccati da Israele, che pretende di avere tutto il gas a prezzi stracciati”.

Si comprende, dunque, quali siano i reali motivi degli attacchi quotidiani contro i pescatori gazawi. Da giugno 2007 la Striscia di Gaza è sotto assedio criminale e illegale, che la isola via mare, via terra e per via aerea.

di Manuela Comito

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