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I colossi aerospaziali americani aprono all’Iran

di Salvo Ardizzone

Sembra che davvero cominci un disgelo fra Usa e Iran. L’avvio dei colloqui 5+1 sul nucleare iraniano e i loro recenti sviluppi, hanno portato all’attenuazione dell’embargo sulla Repubblica Islamica; questo, come si sa, ha fatto scattare la corsa al petrolio del Paese da parte di tutte le Big Oil del mondo, statunitensi comprese. Ma ora, anche il sistema industriale tradizionalmente più vicino al Pentagono, quello dell’aereospazio, sembra che si muova, e questo, più d’ogni altro è un segnale rilevante.

Secondo quanto riferito all’Agenzia Reuters da diverse fonti, pare che Boeing e General Electric (leader l’una in campo aereonautico e l’altra nella costruzione di motori per aerei) abbiano presentato alle autorità Usa domanda per la vendita di ricambi e altre parti di rispetto per aerei  di linea nell’ambito degli accordi siglati a Ginevra per l’attenuazione dell’embargo.

Si tratterebbe dei primi rapporti ufficiali fra aziende aerospaziali statunitensi e l’Iran dopo 35 anni, da quel 1979 che vide trionfare la Rivoluzione Islamica. Le aziende statunitensi avevano già in passato provato ad aprire un canale; nel 2004 G.E. aveva chiesto l’autorizzazione a fornire ricambi e manutenzione ai motori della flotta passeggeri iraniana, adducendo motivi di sicurezza: ”Non vogliamo farci un centesimo. È soltanto per la sicurezza del volo”, avevano dichiarato dall’azienda. E altre fonti riferiscono che anche Boeing aveva fatto in passato simili richieste.

Certo, gli ostacoli per aprire una simile via sono molti, a cominciare dalle procedure da definire e dalle banche da trovare per supportare le transazioni che vanno concluse entro il 20 luglio; ma noi abbiamo la sensazione che i due colossi, così vicini al cuore del potere Usa, non si siano mossi per caso. Così aprono una via e lanciano un messaggio preciso quanto discreto. Boeing ha infatti rifiutato di commentare la notizia, come pure il Dipartimento di Stato e lo stesso Dipartimento del Tesoro preposto all’applicazione dell’embargo e all’approvazione delle richieste.

E di discrezione c’è bisogno: una simile apertura, per quanto parziale, è fatta apposta per mandare ancor più in bestia l’Arabia Saudita (più che mai infuriata per il mancato attacco alla Siria e per i colloqui di Ginevra, a suo vedere inammissibili), Israele (sempre più rabbioso e isolato) e scatenare la potentissima lobby israeliana negli Usa.

Certo, il motivo addotto è per il momento quello della sicurezza (per inciso, la mancanza di adeguati ricambi e revisioni in questi lunghi anni, sembra sia stata responsabile di numerosi incidenti agli aerei di linea iraniani con oltre 1.700 morti) ma mira ad aprire un canale fino a ieri impensabile.

E le aziende aerospaziali europee? Anche questo può essere significativo: i dubbi sulla complessità degli accordi e ancor di più i bruschi moniti americani di non correre troppo nei rapporti con Teheran le hanno frenate. Gli Usa così sarebbero i primi ad esplorar la strada, liberi di ritrarsi e richiuderla se dovesse andar male, oppure di tuffarsi a capofitto in caso di successo nei negoziati.

Vada come vada, sarebbe una storica inversione di rotta quella che si delinea timidamente nell’Amministrazione Obama; speriamo che i troppi che remano contro, proprio su quella sponda dell’Atlantico, non l’abbiano vinta come sempre.

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