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In Libia l’ulteriore dimostrazione dell’inadeguatezza italiana

di Mauro Indelicato

C’è un famoso detto, ripetuto spesso ai bambini quando sono svogliati nel far qualcosa precedentemente tanto desiderato, che recita: “Hai voluto la bicicletta? Pedala!”

Analoga considerazione, la si può fare adesso sull’Italia nella sua posizione avuta in Libia; Scaroni infatti, numero uno ENI, afferma come nei prossimi giorni le esportazioni di greggio e gas dallo stabilimento del deserto libico siano a rischio, in quanto la sicurezza non è più garantita in un paese de facto oramai preda dell’anarchia più totale. E adesso tutti in preda al panico. Tutti, compresi quei politici che nel marzo del 2011 autorizzarono il bombardamento della Libia di Gheddafi anche con aerei italiani da basi siciliane.

Quindi, verrebbe da dire, cari amministratori e politici italici “Avete voluto giocare a far la guerra? Adesso prendetevi ciò che in altri contesti gli americani definirebbero effetti collaterali”.

Si perché era palese anche ad un bimbo di sei anni che, con il regime di Tripoli decaduto, non solo l’Italia avrebbe perso gran parte dei contratti vantaggiosi e favorevoli firmati nel corso dei 42 anni di gheddafismo (a favore della Francia), ma si sarebbe fatto a pezzi un paese strategico, che fino a quel momento garantiva alla penisola gas, petrolio e controllo delle frontiere.

Chi è causa del suo mal, pianga se stesso, giusto per continuare con la prosopopea della citazioni; purtroppo però, a pagare sarà, come sempre il popolo. Infatti probabilmente, saremo costretti a chiedere maggiori esportazioni da paesi in cui non abbiamo forniture “privilegiate” e questo vuol dire sborsare di più e di certo i soldini in più non li metteranno quei politici responsabili diretti o indiretti del bombardamento della Libia e della caduta quindi del regime, ma i cittadini con ulteriori aumenti di tasse nei prossimi anni.

Lo scenario che si prospetta è questo, ma oltre alla questione del gas e delle energie, vi è quella della nostra sovranità o, meglio ancora, della dimostrazione di come le azioni dei nostri governanti siano, nella migliore delle ipotesi, guidate al non soddisfacimento dell’interesse nazionale. Contribuire alla caduta di Gheddafi, è stata per il nostro paese una scelta deleteria e suicida: in un’Italia che infatti è priva di molte materie prime ed è costretta ad attingere dall’energia di altri paesi, andare a tagliare le gambe ad uno dei pochi governi con cui si avevano accordi stretti sul tema delle esportazioni, è davvero scellerato.

Ciò che deve far ancora più riflettere, è che probabilmente gli stessi nostri politici hanno colpe relative; risponderanno infatti, molti di loro, che l’Italia doveva adempiere “semplicemente” ad accordi internazionali e non poteva tirarsi indietro. Ecco, questo dà l’idea di quali siano le capacità di movimento del bel paese, costretto ad ingabbiarsi in una ragnatela di accordi internazionali, che impediscono anche il minimo tentativo di difesa dei propri interessi.
E’ chiaro dunque, che in un contesto del genere, l’Italia patirà sempre e sarà sempre l’ultima ruota del carro, già di per sé scricchiolante, di quel che resta del mondo occidentale.

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