Sorgenia, l’ultima vergogna tutta made in Italy
Ecco un’altra storiaccia all’italiana. Ai tempi del II° Governo Prodi, l’allora Ministro allo Sviluppo Economico Bersani introdusse le famose “lenzuolate” di liberalizzazioni (rimaste in gran parte sulla carta grazie alla mancata emanazione di molti regolamenti attuativi da parte degli “interessati” burocrati di turno, ma questa è un’altra storia ancora all’italiana); una che fece gran clamore fu quella dell’energia. Di botto (ma figuratevi se non erano programmate!) fu un fiorire di centrali con turbine a gas; chi si distinse fu la Cir di De Benedetti che, con il socio austriaco Verbund al 46%, fondò Sorgenia e mise mano a quattro centrali a gas a ciclo combinato. Per i soldi bussò alle banche che le finanziarono in project financing, che in sostanza vuol dire: tu banca metti i quattrini e io metto progetto e gestione.
Sia come sia, per i primi tempi andò alla grande, ma le cose cambiano, e in fretta: la crisi che ha abbattuto i consumi da un canto, il boom delle energie rinnovabili dall’altro e il carico di briscola dell’alto costo dei contratti d’acquisto di gas a lungo termine (i cosiddetti”take or pay”) hanno distrutto i conti di Sorgenia, che con le turbine che funzionano al 20% si trova sul groppo 1,86 mld di € di debiti di cui 600 ml in eccesso (vale a dire deve trovarli entro poche settimane perché son fuori dalle linee di credito già stracolme).
Intendiamoci: il problema non è solo di Sorgenia, tutte le società che operano nel settore hanno le stesse pene, tanto che per venir loro incontro è già stata escogitata la “capacity payment”, altro termine anglosassone (chissà perché dobbiamo ricorrere all’inglese per indorare pillole indigeste) che significa: tu hai impianti che “potrebbero” produrre energia in caso di bisogno, e io Stato ti pago per questa possibilità. Il fatto è che i soldi messi a disposizione son solo 150 ml, mentre secondo Assoelettrica ne servirebbero almeno 600 all’anno perlomeno fino al 2017 per tenere il comparto a galla. Ma per Sorgenia il problema non è solo questo; a parte la gestione, ci sono capitali freschi da trovare e tanti: per capirci, nel solo III° Trimestre del 2013 ha messo a bilancio una perdita di 434 ml, come dire che è a un passo da dover portare i libri in Tribunale.
Le Banche creditrici (che sono 21, con Monte Paschi Siena capofila esposto per 600 ml e guarda caso, ai tempi, pimpante feudo Pd vicino assai alle frequentazioni del mondo de L’Espresso) sono disposte a un accomodamento: trasformare quei 600 milioni urgenti in capitale e in prestito “convertendo” (in azioni d’un futuro aumento di capitale) secondo uno schema per una volta semplice: io banca metto 2 e tu, imprenditore, metti almeno 1 se vuoi salvare la tua azienda. Ma Verbund vista la situazione s’è già tirata fuori svalutando a zero la partecipazione (tradotto: per me Sorgenia vale zero e non metto più un centesimo perché ho già perso abbastanza). De Benedetti nicchia: così la Cir dovrebbe cacciare 150 ml e diverrebbe socia al 33%, perdendo il controllo che passerebbe alle Banche con il 67%; al massimo è disposto a mettere sul tavolo 100 ml, ma riservandosi di mantenere la maggioranza. Come? Con un’ennesima furbata, tipo che la conversione del debito debba essere fatta con “azioni risparmio” o “nuovi strumenti partecipativi”, che nella sostanza hanno ben pochi diritti di voto in Assemblea. Ovvio che le Banche abbiano risposto picche piuttosto innervosite, mentre il tempo scorre verso il default.
Ma perché De Benedetti è così legato a una società cotta e decotta?
Il fatto è che si delinea un’altra soluzione: l’acquisto di Sorgenia da parte di chi ha le spalle larghe per caricarsi debiti e inefficienze: l’Eni. E qui l’intreccio è proprio all’italiana: a capo dell’Eni dal 2002 c’è Paolo Scaroni, che ha rapporti e relazioni assai antiche con la Russia e con Putin e che è stato (ed è) assai prezioso a Berlusconi che di Putin oltre che amico è sodale in tanti affari. Scaroni ha contribuito (e molto) a quel rapporto, tanto che vocine bene informate han detto chiaro che Berlusconi, nei colloqui con Renzi, abbia chiesto un impegno alla sua riconferma e a quella di Fulvio Conti a capo dell’Enel, nell’infornata di nuove nomine (circa 350) che il nuovo governo andrà a fare a breve. E visto che anche troppi indizi, bisbigli, presenze strane nelle trattative per il governo (tipo Vito Gamberale amministratore di F2i, vicino a De Benedetti) e pressioni (tipo il pressing dell’Ingegnere su Fabrizio Barca perché accettasse il Ministero dell’Economia) segnalano l’ombra vistosa della Cir dietro a Renzi, il prezzo di quelle riconferme è già bello e pronto: il salvataggio di Sorgenia con una bella vendita.
E le banche? Tranquilli, ci guadagnerebbero anche loro e per due ragioni: da un canto, trasformando il debito in azioni, in un’operazione così avrebbero indietro oltre al capitale gli interessi, e tanti (il che con gli stress test della Bce in giro è manna). E inoltre, con un capacity payment rinforzato anche la gestione verrebbe rabberciata, ottenendo quantomeno di aumentare il valore delle azioni; e con Mps in prima fila, volete che un pensierino a tutto questo non sia già stato fatto?
E poi ci chiediamo perché in Italia l’energia sia assai più cara che nel resto dell’Europa! Certo, c’è anche il capitolo dei sussidi alle fonti di energia rinnovabili, che dietro nobili intenti cela (e neanche tanto) truffe e sprechi colossali, ma quella è un’altra storiaccia ancora.