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Sono terroristi i No Tav?

di Cristina Amoroso

“Attentato per finalità terroristiche o eversione” questo il capo di imputazione contestato ad alcuni esponenti del movimento No Tav  dalla procura Di Torino, sulla cui base sono state disposte le perquisizioni a Torino e in Val di Susa, dove la Digos sta ispezionando abitazioni di persone che presumibilmente potrebbero essere legate agli ultimi episodi di violenza avvenuti nelle vicinanze del cantiere Chiomonte, precedenti a quelli del 19-20 luglio.

Perquisizioni nelle case degli attivisti e nel locale di Bussoleno punto di riferimento del movimento No Tav, indignazione e sconcerto da parte del segretario provinciale di Rifondazione Comunista di Torino, Ezio Locatelli. “Disconoscere l’opposizione alla Tav, criminalizzare la protesta, trasformarla in un problema di ordine pubblico non porterà a nulla se non al risultato di gettare benzina sul fuoco. Questo tentativo va respinto”.

Senza entrare nel merito dell’utilità o meno della Tav, resta il fatto che la Tav non è voluta dagli abitanti della Val Di Susa, resta il fatto che alcuni dei sindaci hanno nei giorni scorsi firmato un appello, promosso dal primo cittadino di Sant’Antonino di Susa, Antonio Ferrentino, per promuovere un incontro per la legalità “perché qui è in gioco la democrazia”, tra di loro anche i sindaci di Susa e Chiomonte, le principali città interessate dai lavori della Tav, che  nei mesi scorsi hanno ricevuto pesanti minacce per la loro posizione di dialogo con il governo.

L’appello a Napolitano è accompagnato dalla richiesta dei sindaci No Tav di un incontro ai presidenti del Senato e della Camera, Piero Grasso e Laura Boldrini, per spiegare le ragioni della protesta che “oggi sembra sia diventata un problema di ordine pubblico, ma non è così”. La loro tesi è un’altra: “Siamo i primi a chiedere la smilitarizzazione della valle. Per fare, insieme, una riflessione seria sullo sviluppo della Valsusa che non è certamente quest’opera tanto faraonica quanto inutile”.

Viste le situazioni precarie dell’economia del paese, prossimo al collasso, e del governo, in bilico alla vigila del verdetto finale che può innescare la crisi  in una serie di “golpe” istituiti a sistema di protezione del potere, il cittadino comune non può fare a meno di pensare con sgomento agli Anni di Piombo già vissuti negli anni Settanta e ricordare le parole di Pier Paolo Pasolini “Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe”.

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